Paolo Rossi, il campione semplice che battè il Brasile e ci spiegò che tutti i sogni erano possibili

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di Marco Lobasso

Con lui avremmo voluto celebrare insieme 40 anni da quella estate bellissima, inimmaginabile, sbarazzina. Così italiana. L’estate del 1982. Non lo potremo fare, perché Pablito non c’è più. Il nostro Pablito se n’è andato per sempre. 

 


Ci piove addosso di tutto, in questo 2020 maledetto, e non rialziamo più la testa. Ma i ricordi del Mundial 1982, quelli no, nemmeno l’anno più brutto della nostra vita potrà mai cancellare. Siamo stati tutti Paolo Rossi: fisico nella media, altezza nella media, carino non bellissimo, ma incredibilmente forte a giocare a pallone, come sognavamo tutti noi. Il migliore di quella generazione così italiana. Segnava sempre, da tutte le posizioni, di rapina, di furbizia. Era il nostro Gerd Muller, molto più aggraziato, molto di più del tracagnotto tedesco. Perché era anche velocissimo, elegante e dribblava alla grande. Al Mondiale di Spagna lo volle a tutti i costi il vecio Berazot, il ct saggio che lo seppe aspettare dopo gli anni bui del calcioscommesse che coinvolsero e inguaiarono anche Paolo Rossi. Sembrava finito, il mingherlino toscano, rinacque in Spagna e lo fece nel modo più incredibile, bellissimo, assurdo che si potesse immaginare. Rinacque segnando tre gol al Brasile più forte di sempre, dopo che nelle prime quattro sfide azzurre era sembrato l’ombra del grande attaccante che conoscevamo.

Rinacque umiliando Falcao, Junior, Zico e tutti gli altri campioni. E noi con lui. 

 


Dopo quel mitico 3-2 che ci lanciò verso la vittoria al Mundial nulla è stato più come prima. E’ come se Paolo Rossi in quel pomeriggio del Sarria di Barcellona con la sua magica tripletta, con la sua esultanza pacata, con il suo sorriso semplice, avesse risvegliato dal torpore un Paese intero. Noi tutti. Ci piace immaginare che quelle sue incredibili tre reti ebbero la forza di riunire finalmente la nostra Italia e di scacciare per sempre gli Anni di Piombo che ci avevano piegato e piagato. Ci piace immaginare che gli anni 80, quelli colorati, spensierati e paninari, iniziarono davvero da quel dolcissimo pomeriggio di inizio luglio, quando tutto sembrava possibile, con Pablito in campo. Perché, caro Paolo Rossi, ora che non ci sei più, possiamo dirti con franchezza: quel giorno del Sarria, e poi con la Polonia e ancora con i “cattivi” tedeschi nella finale di Madrid, con i tuoi gol e con il tuo modo semplice di essere un campione italiano, ci hai insegnato che tutto sarebbe stato possibile da quel giorno in poi. E che noi ragazzi di allora potevamo davvero inseguirli i nostri sogni. E magari raggiungerli davvero.


Ultimo aggiornamento: Giovedì 10 Dicembre 2020, 11:44

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