Mourinho alla Roma, vincente e provocatore: «Non vedo l’ora, daje!»

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di Alessandro Angeloni

Ci sarà anche chi, di Mourinho, ricorderà gli ultimi tre esoneri, di fila: dal Chelsea, dallo United e dal Tottenham. Tutti e tre in Premier, la sua comfort zone, lì è esploso, lì si è sentito a casa per anni. Ma di Mourinho, forse, al di là del suo impatto mediatico, è giusto ricordare i successi, venticinque i titoli messi in tasca, che lo hanno reso speciale. Anzi, tituli, per dirla come lui. Non zero tituli, ma appunto venticinque. E ora che ha 58 anni, accettando Roma, non ha smesso di sognare e di riempire ancor di più la sua bacheca, magari passando da special in modalità normal, ma pure sempre di Mourinho si parla ed è tanta roba. Nella Capitale, se dovesse vincere, arriverebbe alla santificazione, visto che la Roma non alza un trofeo dal 2008. José ha ottenuto successi ovunque, in Portogallo (due campionati, una coppa e una supercoppa nazionale); in Inghilterra (4 coppe di Lega con il Chelsea e una con lo United), 3 Premier League (con il Chelsea); due Community Shield con Chelsea a United e una coppa d’Inghilterra sempre con i Blues. In Italia, con l’Inter, ha portato a casa due scudetti, una Supercoppa e una coppa Italia per poi emigrare in Spagna, sulla panchina del Real Madrid, con cui ha alzato una Coppa e una Supercoppa, più un trofeo della Liga, lasciandosi poi con Florentino Perez senza grossi rimpianti. E veniamo alle competizioni internazionali: due Champions, con Porto e Inter, più due Europa League con Porto e United. Elenco infinito, sorvolando sui premi personali come le varie panchine d’oro e allenatore dell’anno. 

Da quando ha lasciato l’Inter dopo aver vinto il triplete, Josè ha vinto poco per i suoi standard, ma quel poco basta alla Roma per campare di rendita per decenni: il tripletino con lo United, fatto da Europa League, Coppa di Lega inglese e Community Shield. E’ l’unico allenatore ad aver raggiunto la finale di Coppa di Lega inglese con tre squadre diverse, Chelsea, Manchester e Tottenham, anche se con gli Spurs si è lasciato male (86 gare complessive: 45 vittorie, 17 pareggi, 24 sconfitte), detestato da molti giocatori, un qualcosa che va in controtendenza con quanto fatto vedere in passato, con calciatori disposti a tutto per lui (parole di Marco Materazzi e non solo le sue). Ha combattuto e vinto contro il “rumore dei nemici”, in Spagna aveva Guardiola come rivale acerrimo, qui Ranieri e Spalletti, in Inghilterra via via li ha cambiati, passando da Ferguson a Conte, fino a Wenger. Si è creato il vestito di anti juventino, figura che andava bene quando allenava l’Inter e va forse ancora meglio ora che sarà l’allenatore della Roma: celebre il gesto delle orecchie ai tifosi bianconeri quando, due anni fa, con il Manchester è venuto a espugnare lo Stadium.

Non ha bisogno di ammiccare ai tifosi, ma quando ci prova, li ipnotizza: ieri via social ha cominciato con un daje e poi, pubblicando la sua nuova cover giallorossa del cellulare ha chiuso con un forza magica Roma, la Ryanair ha promosso i voli Roma-Londra appena uscita la notizia del suo arrivo nella Capitale. Un uomo immagine naturale, insomma. E’ già un idolo da queste parti. Come lo è stato a Milano, quando il primo giorno si è presentato dicendo «non sono un pirla».

Poi ha litigato con buona parte della stampa e questo gli ha fatto aumentate la popolarità. «Speravo de Mourì prima», un tormentone che girava ieri sui social, questo uno dei simboli della brillantezza dei tifosi della Roma che, con Josè, escono dal torpore e rialzano la testa. Mourinho, oltre a essere un tecnico vincente (dopo Capello, è la prima volta che la Roma si affida a uno con questo palmares), è anche un condottiero, un capopopolo. «Negli ultimi due giorni non si è parlato della Roma che ha grandissimi giocatori, ma che finirà la stagione con zero tituli. Non si è parlato del Milan che ha 11 punti meno di noi e chiuderà la stagione con zero tituli. Non si è parlato della Juve che ha conquistato tanti punti, ma con errori arbitrali», questo era Mourinho, chissà se è ancora così.

Roma si è già scaldata, pronta a mettersi le manette e andare in guerra con José. Che sia special o che sia ora normal. Ma sempre meglio di tanti altri normali sarà. E, sui social, ieri si è presentato: «Ringrazio la famiglia Friedkin per avermi scelto a guidare questo grande Club e per avermi reso parte della loro visione. La società è ambiziosa, vogliamo costruire un progetto vincente. Dopo essermi confrontato con la proprietà e con Tiago Pinto ho capito immediatamente quanto sia alta l’ambizione di questa società. Questa aspirazione e questa spinta sono le stesse che mi motivano da sempre e insieme vogliamo costruire un percorso vincente negli anni a venire. L’incredibile passione dei tifosi della Roma mi ha convinto ad accettare l’incarico e non vedo l’ora di iniziare la prossima stagione. Allo stesso tempo, auguro a Paulo Fonseca le migliori fortune e chiedo ai media di comprendere che rilascerò dichiarazioni solo a tempo debito. Daje Roma!». Daje.

 

 

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 5 Maggio 2021, 08:25

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