Mihajlovic, gli ultimi mesi: la battaglia (impossibile) contro la leucemia e l'addio alla panchina

Gli ultimi difficili mesi, a settembre l'addio alla panchina

Mihajlovic come è morto? Gli ultimi mesi della battaglia (impossibile) contro la leucemia

di Giuliano Pani

«La vita non si vive senza problemi ma cercando ogni volta di superarli». Sinisa Mihajlovic diceva così ai suoi giocatori e non ha mai avuto paura di dimostrarlo neanche nei momenti più duri, quando dopo il trapianto subito nel 2019, la malattia è tornata a presentarsi marzo di quest'anno. Da allora le sue condizioni sono peggiorate, le apparizioni pubbliche sono state sempre di meno. Poche tappe che ripercorrono gli ultimi anni, momenti rimasti nella storia del calcio e non solo: l'ovazione nello stadio Dall'Ara per il suo grande ritorno l'8 dicembre 2020 in occasione di Bologna-Milan, il pellegrinaggio dei tifosi e della moglie alla madonna di San Luca per sostenerlo, l'ultima festa nel 2021 in un casolare di campagna vicino Bologna con gli amici di una vita. E poi l'esonero, l'epilogo amaro scelto dalla dirigenza arrivato a settembre di quest'anno. Oggi, 16 dicembre, Sinisa Mihajlovic è morto all'età di 53 anni circondato da amore e ammirazione unanimi che superano di gran lunga il mondo dei tifosi e dello sport. 

Mihajlovic, il ricordo del giornalista del Messaggero Padoa: «Non ci stavi mai a perdere»

L'annuncio della malattia

Era appena tornato a Bologna dopo 10 anni in giro per i club di tutta Europa. Era il 13 luglio 2019 e pochi giorni dopo essere stato rinnovato come tecnico del Bologna, Mihajlovic ha annunciato ai giornalisti di soffire di una leucemia mieloide acuta. «Ho fatto alcuni esami dove si son scoperte alcune anomalie. Ho la leucemia. Ho passato la notte a piangere e ancora adesso ho lacrime ma non sono di paura: io da martedì andrò in ospedale e non vedo l’ora di iniziare a lottare per guarire» aveva detto in un annuncio che aveva commosso il mondo dello sport. «Ho spiegato ai miei giocatori che lotterò per vincere come ho insegnato loro a fare sul campo».

La battaglia dedicata dalla squadra 

Nei mesi che seguono, pur non potendo seguire in prima persona la squadra Mihajlovic rimane tecnico del Bologna e continua a incoraggiare la squadra anche dall'ospedale Sant'Orsola in cui è in cura. L'attaccante Rodrigo Palacio gli dedica la più grande vittoria: il gol della rimonta 4-3 sul campo del Brescia. Il giorno dopo l'intera squadra è all'ospedale a Bologna a afar visita all'allenatore. 

Il trapianto 

A novembre 2019 arriva la bella notizia: il trapianto di Midollo osseo è riuscito, anche se non potrà frequentare posti affollati, la situazione sembra in miglioramento come confermano i medici alla conferenza stampa. «So che più tempo passa più riprenderò le forze" aveva detto ai giornalisti non nascondendo qualche lacrima».

Poi due anni di controlli e battaglia, ma anche di speranza. Il 2021 la festa in un casolare di campagna vicino Bologna con gli amici più intimi, tra cui Gianni Morandi. Per festeggiare il suo "secondo compleanno" (il giorno del trapianto): "Sono nato due volte" diceva, grato di aver avuto questa seconda possibilità.

Il ritorno della malattia 

Ma proprio quando la sfida più dura sembrava vinta, è arrivata la recidiva. A marzo di quest'anno l'allenatore ha comunicato che la malattia era tornata e che avrebbe dovuto subire un secondo intervento. Questa volta le possibilità di successo erano poche, i medici erano stati sinceri. «Purtroppo queste malattie sono subdole e bastarde, questa poi deve essere molto coraggiosa se vuole sfidarmi di nuovo» le sue parole alla conferenza stampa. 

Selfie e padel, quel 9 giugno 2019 Sinisa Mihajlovic protagonista al Rieti Sport Festival. Il ricordo di Sergio Battisti

L'esonero amaro a settembre 

La chiusura positiva del campionato gli vale la riconferma sulla panchina del Bologna, ma a settembre le cose tornano a cambiare. L'esordio non proprio brillante della squadra porta il club a una decisione drastica: a settembre Sinisa Mihajlovic viene esonerato dal Bologna. Una scelta amara con cui lui non era d'accordo. Avrebbe voluto provarci ancora, era convinto di poter risollevare le sorti della squadra, di poter ripetere il miracolo compiuto nel 2020 quando salvò i rossoblù a un passo dalla B portandoli al decimo posto. «Non capisco questo esonero» aveva scritto in una lettera «Lo accetto, come un professionista deve fare, ma ritenevo la situazione assolutamente sotto controllo e migliorabile. Faccio fatica a pensare che tutto questo dipenda solo dagli ultimi risultati o dalla classifica e non sia una decisione covata da più tempo. Peccato. Ho cercato di ripagare tutto l’affetto ricevuto con il mio totale impegno e attaccamento alla maglia: non risparmiandomi mai sul campo o da un letto di ospedale». E ancora, aveva rassicurato tutti: «Le mie condizioni di salute sono buone e in costante miglioramento. Io non mi sto più curando, sto solo facendo controlli sempre più saltuari. Nulla mi impedisce di lavorare e di andare in panchina». Parole che oggi lasciano il segno e fanno capire il coraggio e la tenacia di un uomo, nello sport così come nella vita. 


Ultimo aggiornamento: Venerdì 16 Dicembre 2022, 20:23

© RIPRODUZIONE RISERVATA