Juve, il procuratore Pecoraro: "Biglietti venduti alla criminalità"

Juve, il procuratore Pecoraro: "Biglietti venduti alla criminalità"
Si allarga l'inchiesta. «Al di là delle intercettazioni, io mi occupo della gestione dei biglietti e abbonamenti. Se c'è in questa gestione una permeabilità della dirigenza juventina questa non riguarda me ma la Commissione Antimafia e la procura. Una cosa è certa: i biglietti sono stati distribuiti anche a persone legate alla criminalità. Tra chi dominava nel bagarinaggio degli abbonamenti e dei biglietti, e si parla di una cifra alta, c'era anche Dominello». Lo ha detto il procuratore Figc, Giuseppe Pecoraro, in audizione all'Antimafia. 



AGNELLI A CONOSCENZA GESTIONE BIGLIETTI  «I motivi del deferimento sono vari: l'articolo 12 del Codice di giustizia sportiva dice che non è possibile il bagarinaggio, è un articolo preciso». Così il procuratore della Figc Giuseppe Pecoraro davanti all'Antimafia sul caso Juventus. «Della gestione dei biglietti era a conoscenza anche Agnelli».



«La responsabilità è in primo luogo del presidente della società che era consapevole o comunque non ha vigilato sulla gestione dei biglietti. C'è una responsabilità diretta e una indiretta per essere rappresentante legale della società. A noi interessa la condotta antisportiva e di slealtà, questo concetto è nel Codice sportivo: un dirigente non può avere un certo tipo di comportamento», ha proseguito Pecoraro. Sugli aspetti della consapevolezza o meno, «a noi interessa che i biglietti siano stati venduti da parte di soggetti malavitosi, c'è un interrogatorio dove si parla di fondi non solo per la famiglia ma anche per quelle dei detenuti». 

PECORARO «MAI ACCOSTATO AGNELLI A 'NDRANGHETA» «Lei non deve sostenere in nessun modo che io abbia affiancato il presidente Agnelli alla 'ndrangheta. Altrimenti avrei usurpato i ruoli della giustizia ordinaria». Il procuratore della Figc, Giuseppe Pecoraro, replica così al senatore Stefano Esposito della commissione Antimafia che gli chiedeva chiarimenti sul deferimento del presidente della Juventus, Andrea Agnelli, nell'ambito dell'inchiesta sportiva sui presunti rapporti con la 'ndrangheta. «Ma non posso escludere - ha precisato Pecoraro - che Agnelli fosse a conoscenza dell'estrazione familiare di Rocco Dominello».

'2 ARRESTATI..', L'INTERCETTAZIONE DELLA POLEMICA «Come fai a non pensare che uno di una famiglia del genere non sia come loro...». Ruota attorno a un'intercettazione, ai protagonisti della telefonata e a questa frase la polemica nata oggi in Commissione Antimafia tra il senatore Esposito e il procuratore Figc, Giuseppe Pecoraro, nella quale l'ex prefetto si è corretto rispetto alla precedente audizione negando che la telefonata contenesse l'ammissione della conoscenza di Agnelli del profilo criminale di Rocco Dominello: «a una revisione delle carte - ha detto oggi Pecoraro - attribuisco al pubblico ministero» la deduzione. La telefonata in questione è agli atti della Procura di Torino nell'inchiesta Alto Piemonte, ed avviene tra il security manager D'Angelo e l'ex capo del marketing, Calvo. Il primo - secondo il riassunto dell'intercettazione agli atti - riferisce al secondo «dell'atteggiamento intimidatorio degli avvocati di Agnelli perchè non si fidano di lui e che »quando ha saputo che i due fratelli di Rocco erano stati arrestati, se ne è fottuto, e ha fatto finta di non vedere. Come fai a pensare che uno di una famiglia del genere non sia come loro, e l'ho sperato che non fosse come loro...«. Parole, hanno sottolineato Esposito e la presidente Rosy Bindi, che Pecoraro aveva citato nella precedente audizione come attestazione che 'luì - ovvero Andrea Agnelli - sapesse del profilo criminale di Dominello. »Era una frase del pm«, dice ora Pecoraro, a cui il procuratore capo di Torino Armando Spataro replica: »Il nostro ufficio si è limitato alla trasmissione degli atti richiesti dalla procura federale, senza esprimere alcuna interpretazione al riguardo«.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 5 Aprile 2017, 19:49

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