Lippi, tra ricordi e futuro: «Bravo Mancini, la tua Italia è bella e senza limiti»

Lippi, tra ricordi e futuro: «Bravo Mancini, la tua Italia è bella e senza limiti»

di Ugo Trani

dal nostro inviato 
FIRENZE

Approvata. «Sì, mi piace». Il timbro sull’Italia di Roberto Mancini lo mette Marcello Lippi. Certificato di garanzia per l’Europeo che parte venerdì all’Olimpico, gli azzurri contro la Turchia. E se è l’ex ct della Nazionale a sbilanciarsi, bisogna dar fiducia anche a lui. Che è anche l’ultimo ad avere alzato un trofeo, regalando la quarta stella alla nostra Federcalcio. Si fumò la Francia, e non il suo Toscano, e brindò con la Coppa del mondo nella notte di Berlino, il 9 luglio del 2006. Ai rigori. Spesso ha raccontato che non toccò a lui scegliere gli specialisti. «Non fu necessario. Vidi alcuni giocatori che mi vennero incontro per chiedermi di calciare. Di solito va male quando girano a largo e nessuno si fa vivo. Ho subito capito che ce l’avremmo fatta». Cominciò Pirlo, finì Grosso. Ma fu en plein con le trasformazioni di Materazzi, De Rossi e Del Piero. «Restiamo sull’attualità, però». Parla da Ibiza, è in vacanza con la moglie Simonetta e la figlia Stefania. Il viareggino è uomo di mare. Conosce le onde e le tempeste. «Adesso siamo però in acque tranquille» avverte, prima di spedire a Coverciano i segreti per la vittoria.
Il suo apprezzamento per l’Italia a che cosa si deve?
«Allo spirito creato da Mancini. Bravo davvero, Roberto. Quando dico che la Nazionale mi piace e anche molto è per il comportamento che ha in campo, a prescindere dagli interpreti. Le mie sensazioni sono positive perché vedo il modo di giocare. Con intraprendenza e voglia di esserci».
Il vero pregio di Mancini?
«Essere riuscito a costruire un gruppo competitivo pur sapendo che nel nostro campionato il settanta per cento dei giocatori è straniero. I nostri sono solo il trenta e Roberto ha individuato bene su chi puntare. I risultati lo premiano. Non deve essere stato facile».
Se deve invece definire l’Italia?
«Bella. A vedersi. Io mi diverto a seguirla. I calciatori interpretano nel modo giusto ogni partita, anche le amichevoli. Vogliono sempre vincere. Non pensano di avere limiti, sono convinti della loro forza. Di squadra, innanzitutto, e nei singoli. Così hanno riavvicinato la gente alla Nazionale». 
L’Italia non perde da 27 partite. La lunga serie di risultati utili inciderà sul rendimento degli azzurri durante il torneo?
«Vincere aiuta sempre e comunque. Ma la concorrenza resta di primissimo piano. Sono sempre le solite nazionali: la Germania, la Francia e la Spagna. In più il Portogallo e il Belgio. Sono saltate un paio di amichevoli contro le big: penso che sarebbero state utili. Meglio abituarsi prima».
Ha vinto il mondiale 15 anni fa contando soprattutto sui senatori. Gente collaudata in campo internazionale. A Coverciano, in questi giorni, Mancini addestra i giovani, ultimo arrivato il classe 2000 Raspadori. L’Italia potrebbe pagare l’inesperienza del gruppo?
«In questo senso l’Italia del 2006 e l’attuale sono distanti. Ma non vuol dire niente, come ha dimostrato Roberto nel triennio della sua gestione. I giocatori hanno le caratteristiche giuste per essere protagonisti. Anche i più giovani. E’ vero, gli mancano partite di alto contenuto tecnico-tattico. Da quello che vedo, comunque, stanno imparando in fretta... Giocando».
Non ha detto che l’Italia è tra le favorite: dimenticanza o che?
«Le previsioni non risultato mai azzeccate perché so che cosa accade quando le nazionali arrivano agli Europei e ai Mondiali. Quando ci sono queste competizioni, le nostre avversarie non si presentano solo per partecipare. Puntano al successo: la Francia, la Spagna, l’Inghilterra, la Germania, l’Olanda e anche noi. È scritto nella loro e nella nostra storia. Non basta, però. Arriva in fondo solo la nazionale con i giocatori in forma in quel periodo della stagione e senza infortuni. Così si vince».
Adesso l’Italia, vista da fuori, come sta?
«Bene. Segna, non prende gol ed è imbattuta da 27 partite. La ricostruzione c’è stata dopo aver fallito la qualificazione all’ultimo mondiale. Ma non è lontano il 2006. Esistono i cicli. E non bisogna lamentarci del nostro calcio: un Europeo e quattro mondiali. E diverse finali».
Mancano le polemiche, gli scandali e i veleni. La Nazionale non è abituata. Basta pensare alla sua esperienza in Germania in piena Calciopoli. Invidioso?
«L’Italia arriva lanciata all’Europeo.

Meglio così. La serenità aiuta e, da come vedo, è proprio Mancini a trasmetterla».


Ultimo aggiornamento: Martedì 8 Giugno 2021, 07:30

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