Il mitico 14 della maglia di Cruijff compie 50 anni, mentre in Italia si celebrano i 25 anni dalle prime mitiche casacche personalizzate

Il mitico 14 della maglia di Cruijff compie 50 anni, mentre in Italia si celebrano i 25 anni dalle prime mitiche casacche personalizzate

di Massimo Sarti

Venerdì 23 ottobre gli 80 anni di Pelé. Esattamente sette giorni dopo, venerdì 30, i 60 anni di Diego Armando Maradona. Ricorrenze che ci hanno permesso di celebrare ancora una volta due fenomeni che appartengono a quel ristrettissimo club di coloro che hanno cambiato la storia del calcio. Del quale, difficile essere smentiti, fa parte anche Johann Cruijff, scomparso a 68 anni, il 24 marzo 2016. Lasciandoci la memoria di giocate fantastiche, rivoluzionarie. Il più fulgido simbolo ed esaltatore, in campo, del rivoluzionario “calcio totale” attuato alla guida dell'Ajax e dell'Olanda da Rinus Michels.

Cruijff ci ha lasciato anche l'indelebile immagine di un numero 14 indossato e fatto entrare nella storia, licenza concessa solo a un grande come lui quando sul terreno di gioco si era ingabbiati con le maglie dall'1 all'11. A proposito di anniversari, il numero 14 di Cruijff nell'Ajax, bianco sullo sfondo rosso della striscia verticale della classica divisa dei “lancieri”, ha appena compiuto 50 anni. Fu indossato infatti per la prima volta il 30 ottobre 1970 allo stadio “De Meer” in una partita di Eredivisie contro il Psv Eindhoven. Tutto era nato negli spogliatoi, dalla sparizione della divisa numero 7 di Gerrie Muhren, cui Cruijff cedette la propria maglia con il solito 9 sostituita, assolutamente a caso, dalla 14 presa nel mucchio delle casacche destinate alle riserve. Quel match terminò 1-0 per l'Ajax con rete proprio di Muhren. Fu per quel motivo o per alti tipi di scaramanzia, l'allora 23enne Cruijff, figlio del verduraio del vicino quartiere di Amsterdam (morto quando Johan aveva 12 anni) e della donna delle pulizie del “De Meer” si sarebbe appiccicato per sempre quel 14, diventato storia.

Una maglia personalizzata “ante litteram”. Senza bisogno di scrivere il nome Cruijff sulla schiena: bastava il numero e il supercampione che c'era “dentro”, per sancire un binomio inscindibile. Dal 2007 nessuno più all'Ajax ha potuto e potrà indossare quel 14.

A proposito di personalizzazioni e di ricorrenze, le prime in Italia avvennero nel campionato 1995-96, quindi esattamente 25 anni fa. Nome sulla schiena e numero libero, dall'1 al 99. Fu l'inizio di scelte anche bizzarre: superstizioni, riferimenti alla vita personale, alle proprie origini. Di tutto, di più. Gli amarcord sarebbero infiniti. Nella difficile scelta si parta da un altro 14, quello del portiere Marco Fortin, come la pronuncia in inglese del numero 14. Ormai l'1 tra i pali è una rarità, ma che impressione quando Cristiano Lupatelli scelse il 10, il simbolo della fantasia e della classe fuori dai pali. O quando (senza troppa fortuna), il centrocampista olandese Jonathan De Guzman si fece mettere l'1 sulla schiena. Come l'argentino Ardiles ai Mondiali di Spagna 1982, quando i numeri dell'albiceleste erano assegnati in ordine alfabetico secco. Tranne il 10 di Maradona. 10 che fu in maniera sacrilega abbandonato brevemente da Francesco Totti, in gioventù associato al 17 con Carlos Bianchi in panchina. Meraviglioso il 18 all'Inter di Ivan Zamorano, con un piccolo “+” stampato tra le due cifre. Per arrivare al 9, perché il cileno si sentiva un 9 tanto quanto Ronaldo il Fenomeno. Potremmo davvero andare avanti all'infinito, «in fila per sei col resto di due». Dal Mago Zurlì a Fabio Gatti, che a Perugia, naturalmente, optò per il 44 in onore della celeberrima canzone dello Zecchino d'Oro.


Ultimo aggiornamento: Sabato 31 Ottobre 2020, 16:02

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