Carlo Tavecchio, morto di polmonite l'ex presidente Federcalcio: si dimise dopo la mancata qualificazione ai Mondiali della Nazionale guidata da Ventura

La scomparsa nella notte all'ospedale di Erba a 79 anni

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di Redazione web

È morto a 79 anni Carlo Tavecchio, presidente della Federcalcio (Figc) dal 2014 al 2017: si dimise dopo la mancata qualificazione ai Mondiali di Russia della Nazionale guidata da Giampiero Ventura.

A lungo a capo della Lega Nazionale Dilettanti, Tavecchio era tornato due anni fa nel mondo calcistico assumendo la guida del Comitato regionale della Lombardia, la sua regione. 

Carlo Tavecchio, lunedì i funerali

I funerali si terranno lunedì prossimo, 30 gennaio, a Ponte Lambro.

Il ministro Abodi: «Giornata buoia, è morto un amico»

«È una giornata buia perché è andato via un amico. È andato in luogo dove si è sempre presenti e dove un giorno ci ritroveremo». Così il ministro per lo sport ed i giovani, Andrea Abodi, ha commenministro la scomparsa di Carlo Tavecchio, durante il meeting nazionale dei dirigenti promosso dal CSI a Roma. Abodi ha anche ricordato la corsa alla presidenza della Federcalcio che li ha vide contrapposti nel 2017, con il successo del suo avversario. «Carlo ha segnato una parte importante della mia vita e tutto sommato ha rappresentato un modo con il quale ci si può confrontare, perché si può competere ma ci si può anche rispettare. Tavecchio ha vinto e io ho perso, ma ciò non ha mai cambiato il nostro rapporto, abbiamo avuto una competizione corretta e forse ci siamo voluti anche più bene dopo», ha concluso il ministro.

Tavecchio, ex presidente Figc tra gaffe e riforme

Trentanove mesi da presidente della Figc - da agosto 2014 e novembre 2017 - che Carlo Tavecchio, scomparso a 79 anni nella notte all'ospedale di Erba per una polmonite, ha vissuto pericolosamente. Era nato nel '43 a Ponte Lambro in provincia di Como, cittadina di cui fu sindaco per quasi vent'anni, dove risiedeva e dove lunedì si svolgeranno alle 15 i funerali.

La politica era una sua grande passione, ma è nel calcio che raggiunse la sua notorietà. Tra gaffe, riforme, un buon europeo ed una storica mancata qualificazione al mondiale del 2018, che gli costò le dimissioni. Non furono tre anni facili quelli dell'ex n.1 dei Dilettanti (Lega che guidò ininterrottamente per quindici anni dal 1999 al 2014), approdato alla guida del calcio che conta. In principio fu lo scivolone su 'Opti Pobà, poi arrivò la gaffe sugli «ebreacci». In mezzo però un percorso virtuoso di riforme, il rivoluzionario via libera alla Var, fino alla rielezione del marzo 2017 che sembrava aver blindato il mandato del quadriennio.

Ma il mondiale senza l'Italia, il primo dopo 60 anni, diede il colpo di grazia alla leadership di Tavecchio in Figc.

Un percorso a ostacoli, il suo, dopo aver raccolto i cocci di una federazione azzerata in seguito al flop dei mondiali brasiliani 2014. Che l'era di Tavecchio in Figc fosse nata all'insegna della polemica si vide subito, con il passaggio a vuoto dell'ex presidente della Lega Dilettanti, poco prima di prendere il posto di Abete alla Federcalcio. Quell'Optì Poba che mangiava le banane in un discorso contro il crescente numero di calciatori stranieri e di cui si scusò, lasciando però a critici e detrattori un argomento buono per metterlo sotto accusa.

Tavecchio divenne comunque presidente della Federcalcio e iniziò il lavoro del post Mondiale con un colpo inatteso: l'ingaggio di Antonio Conte alla guida della nazionale. Contratto innovativo, con diritti di immagine inclusi, intervento dello sponsor. L'Italia riparte e si qualifica in anticipo agli Europei. Torneo continentale in cui quell'Italia da lavori in corso riesce a eliminare la Spagna e finire la corsa ai quarti, ma ai rigori davanti alla grande Germania.

La Figc di Tavecchio esce rafforzata dall'Europeo e lavora ai cambiamenti normativi: vara il tetto alle rose con indicazioni precise sul numero di italiani e provenienti dal vivaio. È il primo passo delle riforme, che prosegue con le norme sul fair play finanziario e il lancio dei centri federali; ma al centro c'è la madre di tutte le riforme, la riduzione della serie A a 18 squadre, lanciata e però subito incagliata nelle secche della Lega. Ma i guai sono sempre dietro l'angolo e spesso arrivano dal'interno: Felice Belloli, successore di Tavecchio alla guida dei Dilettanti, nel verbale di una riunione del direttivo definisce «4 lesbiche» le calciatrici. Nuova bufera e Tavecchio, ancora sotto pressione, ne esce spingendo Belloli a lasciare.

Rieletto il 6 marzo, dopo aver battuto lo sfidante Andrea Abodi, Tavecchio sperava di essersi messo alle spalle i guai peggiori. Restavano quelli delle Leghe: commissario di quella di A ha cercato di scavallare anche gli ultimi ostacoli. Ma il peggio doveva ancora arrivare: per scongiurarlo aveva definito un'apocalisse l'eventualità che l'Italia non andasse ai mondiali. L'incubo invece diventa realtà, tra le lacrime del ragioniere di Ponte Lambro che si fece re del calcio italiano.

 

Ultimo aggiornamento: Sabato 28 Gennaio 2023, 11:57

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