Calcio italiano in crisi,
Abete: "Necessarie riforme"
di Romolo Buffoni
C'era anche il presidente del Coni, Giovanni Malagò: «È indecente la percentuale dell'8% dei ricavi da stadio mentre in Germania, in Inghilterra sono al 25/30%. La colpa è soprattutto degli impianti vetusti, della congiuntura ma anche di un campionato poco interessante». La lingua va a battere dove il dente duole e cioè in un movimento che non è più competitivo, prima di tutto in campo.
«Siamo passati dal 29% di giocatori stranieri non selezionabili per le nostre nazionali al 54,5% - denuncia Abete - senza avere una crescita media dei risultati dei nostri club. Segno di scelte strategicamente sbagliate». Ecco allora l'emorragia di tifosi sugli spalti (-900 mila nel 2012/'13 rispetto alla stagione precedente) parzialmente compensata da un +1,8% registrato al botteghino dalla serie A.
Ma c'è anche spazio per alzare la testa: «In sei anni abbiamo dato 6 miliardi all'erario, solo l'Inghilterra ne ha dati di più. Tramite i contribuiti Coni abbiamo recuperato solo 480 milioni». A tenere in piedi la baracca, indebitata per circa 3 miliardi, sono i diritti tv e le plusvalenze dalle cessioni di giocatori che, insieme, fanno il 58% del valore della produzione (38%+20%).
Ultimo aggiornamento: Martedì 15 Aprile 2014, 09:25
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