La schedina fa 70 anni: la storia del suo ideatore
che non si arricchì mai (ma risollevò l'Italia)

La schedina compie 70 anni: la storia del suo ideatore che non si arricchì mai (ma risollevò l'Italia)

di Oscar Eleni
Adesso che non ne parla quasi più nessuno, perché altri sono i giochi d'azzardo, bisognerebbe davvero farlo un monumento alla schedina del Totocalcio che compie 70 anni. Se abbiamo ricostruito il nostro sport, fra le macerie della guerra, lo dobbiamo proprio a chi ha inventato questo gioco legandolo alle partite di calcio.

Un terzo del montepremi andava al Coni, un terzo all'Erario, il resto ai vincitori: quelli che facevano 13 e brindavano felici, anche se molti poi hanno scoperto che la fortuna è di vetro: risplende, ma è fragile.

Eravamo in Gazzetta quando un giorno entrò Massimo Della Pergola per raccontarci la sua vita da film. Una fuga vestito da mendicante, l'idea geniale d'inventarsi (insieme a Fabio Jegher e Geo Molo) la famosa Sisal che soltanto nel 1948 divenne Totocalcio e fonte sicura per il Monopolio dello Stato, come aveva deciso - monopolizzandola - il presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Della Pergola, giornalista triestino del Popolo, in quei giorni combatteva la battaglia per avere indietro almeno le 300mila lire che erano servite a lui e ai suoi compagni di viaggio per far stampare, su carta paglierina, le prime schedine, quelle dove dovevi mettere uno per la vittoria in casa, la ics per il pareggio, due per il successo in trasferta: come quella signora fortunata che diede vincente l'Inter a Catania. Stamparono 5 milioni di schedine, al primo turno incasso debole: Inter-Juventus 1 Torino, il grande Torino, 1 per la vittoria sul Milan, l'unico 2 era legato alla vittoria del Novara sul campo del Legnano.

Ma torniamo a Della Pergola che, perseguitato dalle leggi razziali, fu internato. Ma, da grande appassionato di sport, coltivava la sua meravigliosa idea. Nel 1946, il 5 maggio, l'invenzione: sognava e calcolava, ovviamente, nell'Italia da ricostruire, il primo ministro De Gasperi si fece prestare il cappotto per andare alla conferenza parigina dove l'Italia era guardata in cagnesco. Andò da Onesti che aveva rimesso in piedi il Comitato Olimpico nazionale per spiegare che quella schedina poteva servire per rifare le piste di atletica, gli stadi. Lo prendevano in giro. Due anni dopo la creatura che aveva cominciato a far sognare gli italiani, gli fu portata via. Ci restò male un po' come quelli che nella mia famiglia avevano brindato per un 13 con tutti 1, nella speranza di vedere i soldoni. Furono lirette. Ma Della Pergola ne era fiero lo stesso. All'inizio 12 partite in schedina, poi venne aggiunta la tredicesima, cominciò il mito. Tanti nuovi milionari, qualcuno felice come il minatore Mulas, molti altri contenti per una settimana e poi disperati davanti al volatilizzarsi del premio, fra tasse e troppi amici nuovi.

La schedina è rimasta mito fino alla fine degli anni Novanta. Adesso quasi la si gioca di nascosto, non è certo il montepremi del Totocalcio che può cambiare la vita ai giorni nostri dove fra scommesse online e giochi elettronici, si va oltre il confine, l'invenzione dell'ebreo fuggiasco.
Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Maggio 2016, 09:04

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