Riccardo Pittis, da campione tra i canestri a mental coach: «Milano, attenta a Venezia e al dopo Eurolega. Il basket mi ha aiutato a capire la grande forza della nostra mente»

Riccardo Pittis, da campione tra i canestri a mental coach: «Milano, attenta a Venezia e al dopo Eurolega. Il basket mi ha aiutato a capire la grande forza della nostra mente»

di Massimo Sarti

Riccardo Pittis è stato uno dei giocatori più vincenti del recente panorama del basket italiano. Tra Olimpia Milano e Pallacanestro Treviso ha conquistato sette scudetti, sette Coppe Italia, tre Supercoppe Italiane e cinque coppe europee, con doppio trionfo (con le Scarpette Rosse) in Coppa dei Campioni. È stato capitano a Milano e Treviso, ma anche in azzurro. In Nazionale ha giocato 118 partite, conquistando due argenti agli Europei e un oro ai Giochi del Mediterraneo. Una carriera lunga (e fra poco ricorderemo come è diventata ancora più lunga), che oggi si riverbera nell'attività di speaker motivazionale, mental coach e corporate trainer, «il percorso migliore che ho deciso di intraprendere per capitalizzare l'enorme bagaglio di esperienze maturato in 30 anni di basket». Dell'amata palla a spicchi parla sempre volentieri. L'attualità vedrà, domani sera, la ripresa dei play-off scudetto, con Gara 3 delle semifinali. Si giocheranno Virtus Bologna-Brindisi (felsinei avanti 2-0 e a un successo casalingo dalla qualificazione) e, al Taliercio di Mestre, Olimpia Milano-Reyer Venezia. Milano è forte del 2-0 conquistato al Forum prima delle Final-Four di Eurolega, che hanno visto la squadra di Ettore Messina giungere terza dopo aver perso all'ultimo secondo la semifinale con il Barcellona.

Deve essere più la soddisfazione per il gran percorso in Eurolega di Milano o più il rammarico per una finale mancata di un soffio?

«Rammarico? Direi giramento di scatole...».

Come si metabolizza un evento del genere?

È umano, è naturale, è giusto che a botta calda debba prevalere lo sfogo emotivo, la rabbia per una partita così importante persa all'ultimo tiro. A mente fredda però la rabbia deve lasciare spazio ad altre consapevolezze, deve trasformarsi in energia positiva, in voglia di riprovarci il più presto possibile per fare ancora meglio».

In Italia è tutto apparecchiato verso una finale scudetto tra Olimpia e Virtus Bologna?

«Alla fine sarà così, anche se mi vien da dire che di certo si qualificherà Bologna. Milano ha un vantaggio solido, ma la finale dovrà ancora conquistarsela».

Venezia può essere ancora un pericolo per Milano?

«La Reyer è forte e preparata.

In più l'Olimpia avrà un contraccolpo mentale da gestire. Dopo Final Four non vinte rientrare dopo così poco tempo con la testa sul campionato non è mai banale. Milano dovrà essere particolarmente concentrata per evitare che quanto accaduto a Colonia diventi un potenziale macigno psicologico. Venezia sarà un bel banco di prova per testare la reazione dell'Olimpia».

Come mai ha deciso di intraprendere le attività di speaker motivazionale, di formatore e di mental coach e non solo di coach di basket?

«Ho provato a fare l'allenatore di basket, ma ho capito che non era nelle mie corde, che non avevo gli stimoli sufficienti. Ho invece deciso di fare lo speaker motivazionale e il mental coach proprio per capitalizzare le mie esperienze nella pallacanestro. Avevo un bagaglio enorme di conoscenze maturate in 30 anni e sembrava uno spreco chiuderlo nel baule dei ricordi. Per valorizzare tutto questo ho fatto prima lo speaker motivazionale, quindi raccontando la mia esperienza nel mondo del business, visti i tanti punti in comune. Poi sono andato più a fondo, formandomi come mental coach per trasmettere meccanismi, processi e dinamiche mentali nella vita delle persone e dei team per guidarli all'eccellenza, sul piano personale e professionale».

Da giocatore seppe far qualcosa di non comune. Per ovviare ad alcuni problemi fisici al braccio destro, cominciò a tirare sistematicamente con la mano sinistra, con grandi risultati. A proposito di forza della mente... Immagino c'entri con le sue scelte successive.

«È stato un momento significativo della mia carriera, allungatasi così di cinque anni. Dover cambiare mano, non per scelta. I legami fortissimi indubbiamente ci sono. Ho infatti voluto approfondire questo episodio, perché ero riuscito a fare una cosa che sinceramente ritenevo impossibile. Ho voluto capire quali erano state le dinamiche che mi avevano permesso di trasformare l'impossibile in possibile e quindi come funziona la mente in determinate situazioni».

E come funziona la mente?

«La nostra mente è qualcosa di prodigioso, è un'arma potentissima che abbiamo a disposizione. Bisogna però saperla usare, perché spesso è lei stessa ad ostacolarci nella strada verso il successo personale. Siamo sovente noi che ci autosabotiamo con l'utilizzo errato della mente».


Ultimo aggiornamento: Martedì 1 Giugno 2021, 07:57
© RIPRODUZIONE RISERVATA