L'imperatore Panatta compie 70 anni, tra vittorie, acrobazie e belle donne

L'imperatore Panatta compie 70 anni, tra vittorie, acrobazie e belle donne

di Marco Lobasso
Imprevedibile, sempre. Come quando per vincere Roma e il Roland Garros aveva bisogno di annullare match point a perfetti sconosciuti. Così oggi, che non vuol sentir parlare di feste e celebrazioni per il suo storico compleanno. Adriano Panatta, il più forte tennista italiano dell’Era moderna, compie oggi 70 anni. «Una cena a Treviso con la mia famiglia, così festeggio; niente di più». Nel suo stile: i trionfi sono ricordi, lo sguardo è sempre avanti. «Aspettiamo gli 80, magari ci arrivo, e ne riparliamo».
Per i troppi traslochi e per una vita vissuta sempre intensamente non ha conservato quasi nulla della sua meravigliosa carriera tennistica. «Non l’ho fatto apposta, però non ci ho mai tenuto», spiega. Restano gli albi d’oro, le immagini tv, le foto, i ricordi degli appassionati, quelli degli anni 70 che oggi inevitabilmente hanno ben più di 50 anni. E resta Roma, la sua romanità, il rapporto di passione con la sua città (è cresciuto a viale Tiziano). Quella vittoria al Foro Italico del 1976, nello stadio delle Statue, il più bello del mondo, vale forse più di tutto. Perché fu lì, tra l’altro, in quella magica settimana di vittorie (e degli 11 match point annullati all’australiano Warwick) che i romani si innamorarono di lui e fecero nascere quel coretto diventato famoso, oggi nostalgico, sinceramente unico: “A-dri-a-no! A-dri-a-no!”. E’ stato in quegli anni un re di Roma, anzi un imperatore, per essere più in tema. «Noi tennisti eravamo in quel periodo più famosi dei calciatori» ripete Panatta. E dietro quella fama, tutto quello che ne conseguiva: night, belle donne, flirt e bella vita. Le sue storie d’amore di quel periodo hanno lasciato il segno; una su tutte, quella con Loredana Bertè.
Faceva sognare, Adriano. Perché, oltre a essere fortissimo e acrobatico, con lo sguardo triste e quel ciuffo ribelle, era incredibilmente bello. E saranno state miglia le italiane anni 70 che si innamorarono di lui. Un esempio? Lo racconta nel suo libro Paolo Bertolucci, azzurro, amico e compagno di doppio di Panatta. «Vivevamo nello stesso appartamento. Quando tornavamo dai lunghi viaggi per i tornei internazionali ascoltavamo la segreteria telefonica: allora si usava molto. C’erano sempre almeno una ventina di messaggi lasciati da ragazze e ammiratrici: 18 per Adriano, uno o forse due per me...». Auguri Adriano. Senza rischiare, come facevi tu, nella vita si resta piatti e banali.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 9 Luglio 2020, 10:37
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