Sci italiano in festa: il mito di Zeno Colò compie 100 anni
di Massimo Sarti
Per la cronaca e per la storia il primo oro iridato dello sci alpino italiano risale a Cortina 1932, vinto in discesa dalla bolzanina Paula Wiesinger. Ma quello che fece il toscano d'acciaio Colò nel 1950 ai Mondial di Aspen, negli Stati Uniti, fu strabiliante: oro in gigante, argento in slalom e soprattutto oro in discesa. Quando buttarsi giù in libera era davvero cosa per eroi. Altro che preparazione minuziosa delle piste, tecnologia ed equipaggiamento dei giorni nostri. Quel tracciato in Colorado di oltre 70 anni fa, poi... Un pendio tremendo, che Colò domò con il pettorale 8, dopo che i precedenti sette avversari erano ruzzolati malamente. Il bis in discesa arrivò nel 1952 ai Giochi Olimpici (allora anche valevoli come Mondiali) di Oslo, su un altro tracciato da far tremare le vene ai polsi. In Italia il dominio di Colò fu poi assoluto: 19 titoli tricolori tra il 1941 e il 1955, in una carriera fortemente limitata dalla Seconda Guerra Mondiale. Fu internato in Svizzera, dove si guadagnò il soprannome di “Blitz”. Per la sua velocità sugli sci, rigorosamente di legno.
Quella di Zeno non era incoscienza. Parliamo piuttosto di un mix tra forza fisica, ardore e tecnica. Fu il papà di quella che sarebbe diventata la posizione “a uovo”. Lo stile di Colò fu studiato, copiato, riprodotto in galleria del vento. Uno stile che gli permise di toccare nel 1947 a Cervinia i 159,292 km/h nel chilometro lanciato. E senza indossare il casco.
Colò fu un precursore anche come uomo marketing, dando il proprio nome, dopo Oslo 1952, a una tuta e ad un tipo di scarponi da sci. Peccato che allora fosse proibito: la conseguente squalifica (comminata nel 1954 e tolta solo nel 1989) pose fine alla sua carriera agonistica. Ma non al suo grande contributo al mondo dello sci, soprattutto nella natia casa dell'Abetone. La moderna ovovia, che oggi sarà aperta dalle 10 per permettere a chiunque voglia di recarsi in località Monte Gomito per la Santa Messa commemorativa delle 11, deriva dalla prima opera voluta da Zeno e da altri lungimiranti promotori locali. Tre piste, disegnate dallo stesso Colò, portano il suo nome.
Il turismo, la voglia di montagna e di natura, possono ripartire dopo il lockdown anche per merito di un mito nato 100 anni fa.
Ultimo aggiornamento: Martedì 30 Giugno 2020, 07:00
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