Rabbia Schwazer: "Io vittima di un complotto,
voglio la verità adesso perché merito Rio"

Rabbia Schwazer: "Io vittima di un complotto, voglio la verità adesso perché merito Rio"

di Daniele Petroselli
- «Se tra un anno mi danno ragione non me ne frega niente, voglio giustizia subito perché sono il più forte e merito di andare alle Olimpiadi». Così Alex Schwazer in conferenza stampa a Vipiteno urla ancora la sua innocenza per il caso di doping contestatogli qualche settimana fa su una provetta del 1° gennaio, risultata positiva solo ad un secondo controllo dopo sei mesi.

Solo 24 ore prima la decisione del Tribunale Nazionale Antidoping che si è dichiarato incompetente sul provvedimento di sospensione cautelare richiesto dal marciatore. Ma l’altoatesino vuole andare avanti, anche perché il 18 scade l’iscrizione per Rio: «Io non mi sono dopato, quindi questa sostanza o qualcuno me l’ha somministrata nei giorni prima oppure la provetta è stata manipolata». E accusa: «Da marzo non ho più avuto un controllo Iaaf sulle urine. Perché? Ero l’unico atleta controllato quel giorno. Ho scelto tra tante provette, ma potevano essere tutte preparate».

«È chiaro, c’è stata una ingerenza esterna fortissima – dice il legale Brandstaetter, annunciando il ricorso al Tas di Losanna chiedendo l’esame del Dna sulla provetta e un esposto in procura con l’ipotesi di frode sportiva - La provetta non è stata consegnata in maniera corretta: il test non era anonimo. Lui si allenava portando la borraccia che lasciava in macchina, a Natale. E la macchina gli è già stata aperta 3 volte per dei furti. Qualcuno può averla manomessa».

Mentre il professor Sandro Donati, suo allenatore, che poche ore prima aveva anche tirato in ballo Maurizio Damilano, attuale presidente del Comitato della Marcia della Iaaf («Si è opposto ai Mondiali a Roma e ci sono state ingerenze anche del fratello. Si ricordi il coinvolgimento con il medico Conconi per l’Epo»), è una furia: «C’era la volontà di spazzare via questo atleta. Tra fine aprile e inizio maggio ho ricevuto una serie di e-mail, sembrava un ricatto ma dietro c’era altro. Ad Alex non serve il doping. A La Coruña abbiamo scelto che arrivasse secondo per le pressioni ricevute». E oggi parlerà alla Procura Nazionale Antimafia e poi in Procura. Insomma il caso è ancora all’inizi. Ma Rio è alle porte.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 14 Luglio 2016, 09:23
© RIPRODUZIONE RISERVATA