Dopo il no ai Giochi 2024, l'Italia rinuncia a ospitare i mondiali di rugby nel 2023

Dopo il no ai Giochi 2024, l'Italia rinuncia a ospitare i mondiali di rugby nel 2023

di Paolo Ricci Bitti
Ce la saremmo giocata - alla fine - con l'Irlanda dopo aver superato la concorrenza di Francia e Sud Africa. Invece l'Italia non parteciperà più alla gara per ospitare i mondiali di rugby nel 2023. Entro il 30 settembre non arriverà l'indispensabile patrocinio del Governo che la Federugby doveva allegare al dossier e così è giunto l'annuncio della rinuncia, effetto a catena del "no" del comune di Roma alla candidatura alle Olimpiadi 2024. L'Italia si ritira dalla corsa per organizzare i mondiali. La Fir parla di decisione presa «a seguito delle consultazioni degli ultimi giorni con la presidenza del Consiglio dei Ministri e con il Coni». «Da sempre strettamente collegata a quella di Roma 2024, la candidatura alla Rugby World Cup 2023 non ha più le condizioni per proseguire», ha detto il presidente Federugby, Alfredo Gavazzi

Una delusione per una buona parte del mondo del rugby, non certo solo quello italiano, perché il progetto italiano aveva raccolto molti consensi nel regno di Ovalia che da qualche anno, con l'avvento del professionismo nel 1995, lotta per allargare la propria area di interesse storicamente legata a un pugno di paesi: il Regno Unito (diviso fra Inghilterra, Galles, Scozia) l'Irlanda (che nel rugby è una sola), Nuova Zelanda, Sud Africa, Australia, Francia e Argentina. Nel 2019 per la prima la coppa William Webb Ellis verrà contesa fuori da uno di questi paesi (il Giappone) e per l'edizione successiva l'Italia aveva ottime carte per rafforzare questa avanzata ovale in nuovi territori.

La candidatura italiana contava su 11 città e 12 stadi: Roma (Olimpico e Flaminio), Torino (Olimpico), Bologna, Udine, Palermo, Genova, Milano (San Siro), Napoli, Bari, Firenze e Padova. Se sostituite Padova con Verona sono gli stessi stadi che avrebbero ospitato il torneo olimpico di calcio se l'Italia avesse ospitato i giochi olimpici del 2024. Alcuni di questi stadi richiedono interventi di ristrutturazione (pensiamo solo al Flaminio che va rifatto da capo) che senza le olimpiadi restano senza finanziamenti. E così tanti saluti anche i Mondiali di rugby per i quali lottano anche Irlanda, Francia e Sud Africa. Ma francesi e sudafricani hanno già avuto (2007 e 1995) mentre l'Irlanda è una potenza nel rugby, mentre non può competere con l'appeal complessivo dell'Italia che non è fatto solo da attrazioni turistiche e storia ma da numeri incomparabili con quelli dell'isola smeraldo. Il rugby italiano resta adesso fuori da qusta corsa e sono tanti i rammarichi perché un mondiale di rugby porta prestigio e parecchi soldi (quasi un punto di Pil) senza richiedere, stadi a parte, infrastrutture particolari, soprattutto quando la possibilità di accogliere i turisti (da mezzo milione in su) ci sono già.

«Rimaniamo convinti delle grandi potenzialità della candidatura italiana, che avrebbero portato indubbi benefici e necessarie migliorie negli stadi italiani - ha aggiunto Gavazzi, parlando della rinuncia dell'Italia alla candidatura ai Mondiali di rugby 2023 - e siamo consapevoli di perdere una fantastica opportunità per radicare ancor più i nostri valori ed il nostro sport nel tessuto sociale italiano, ma dobbiamo prendere atto di come ad oggi non vi siano le basi per continuare questo percorso». «Voglio ringraziare il Presidente del Coni Malagò per aver sostenuto la nostra candidatura sin dai suoi primissimi passi - ha concluso il presidente Fir - sappiamo che condivide la nostra delusione per un'opportunità perduta.
Ringrazio anche i dieci Comuni che avevano manifestato il proprio interesse ad ospitare gli incontri della Rugby World Cup nei propri stadi».

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 28 Settembre 2016, 20:15
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