L'ex boss: "I clan fermarono Pantani, la camorra
non riusciva a pagare puntate sul Pirata vincente"
di Mary Liguori
Ma chi è Augusto La Torre? L'ex boss di Mondragone che il capostipite del clan dei Casalesi, Antonio Bardellino, definiva il suo «giovane di belle speranze», è in un penitenziario del Nord Italia, in un'area riservata ai pentiti che non godono del programma di protezione. Controversa è infatti la storia del suo «pentimento». Dal 2003 è artefice di schiaccianti testimonianze ai danni di camorristi di spessore. Poi si rende protagonista di comportamenti che la Dda di Napoli ritenne tali da chiedere e ottenere che fosse escluso dai benefici previsti per i collaboratori di giustizia. Chi pronuncia la frase che impone una rilettura di quel Giro maledetto che per il Pirata segnò l'inizio della fine è, insomma, un «pentito a metà». Ma il verbale redatto dai carabinieri della procura di Forlì, e trasferito alla Dda di Bologna, conferma le dichiarazioni di Renato Vallanzasca, datate 2007, che all'epoca di conferme non ne trovarono. Disse che un camorrista gli aveva annunciato che Pantani sarebbe stato fermato. Successivamente, e questo è emerso negli ultimi giorni, un malavitoso di Secondigliano fu intercettato mentre diceva a una sua parente che «sì, a Madonna di Campiglio, la provetta fu alterata». La camorra, dunque, avrebbe taroccato i test del Pirata perché, se avesse vinto, l'Alleanza di Secondigliano non sarebbe stata in grado di pagare le scommesse clandestine. La camorra fermò Pantani nel modo più subdolo e l'Italia intera smise di credere nel ciclismo. E le parole di La Torre non dicono cose diverse.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 16 Marzo 2016, 10:18
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