L'ex capitano dell'Italrugby Ghiraldini: "Gruppo giovane ma dobbiamo tornare a vincere. Che emozione il 6 Nazioni del 2013"

L'ex capitano dell'Italrugby Ghiraldini: "Gruppo giovane ma dobbiamo tornare a vincere. Che emozione il 6 Nazioni del 2013"

di Daniele Petroselli

Sei Nazioni 2021 pronto a partire. Domani, sabato 6 febbraio, alle 15.15 allo stadio Olimpico di Roma, l'Italrubgy esordisce contro la Francia. Il ct azzurro Franco Smith chiede coraggio ai suoi. Nel gruppo, che sta vivendo una forte fase di ricambio generazionale, non ci sarà uno dei senatori, Leonardo Ghiraldini. 107 caps, ha parlato della sua carriera, del futuro della Nazionale azzurra e del torneo che sta per cominciare. 

Un addio all'azzurro dopo tanti anni di militanza. Come è arrivato a questa decisione?
«Non è stata una scelta facile, c'ho riflettuto molto e mi sentivo dentro di farlo. Credo sia il momento giusto di dire addio alla Nazionale. Volevo smettere per decisione mia e non per non essere più all'altezza dell'Italia. Ho sempre dato tutto per questa maglia, credo però sia il momento giusto di farmi da parte. Considerando anche gli ultimi anni abbastanza complicati per me, ho deciso di dire basta. Nel mondo ideale finire con il pubblico e con una vittoria sarebbe la cosa migliore ma non si può volere tutto. Alla fine ho avuto il piacere di tornare nell'autunno scorso con la Nazionale e comunque ho chiuso come volevo e facendo un percorso importante».

L'esordio ufficiale avvenne l'11 giugno 2006 nel test match di Tokyo contro il Giappone, vinto dagli azzurri per 52-6. Un ricordo?
«Il primo cap non si scorda mai. Fu una grande soddisfazione, era da poco nell'alto livello. Fu un passaggio chiave per la mia carriera. Poi vincemmo con un largo punteggio. L'anno successivo poi riuscii a conquistarmi il ruolo da titolare. Ma quella partita fu fondamentale».

Quali i momenti più belli in Nazionale?
«Di sicuro l'ultimo match del Sei Nazioni 2013, quando battemmo l'Irlanda per la prima volta nel torneo. Era il secondo successo di quel Sei Nazioni, il migliore della nostra storia. Disputammo un torneo di spessore, ce la giocammo anche con l'Inghilterra ma giocammo davvero molto bene. Quell'annata non me la scorderò mai. Quello era un gruppo vincente».

C'è una partita che le piacerebbe rigiocare?
«Tante purtroppo, ma forse quell'Italia-Scozia del 2007 ai Mondiali. Ero molto giovane ed ero in panchina. Il gruppo era forte, maturo, non vincemmo solo per un soffio. E poi nel 2008 sempre con la Scozia, quando dominammo dall'inizio alla fine ma fummo beffato nel finale. E poi lo scontro con la Francia nel 2019, quando mi infortunai. Era una partita quella che dovevamo portare a casa, lo dicevano anche i giornali francesi. E invece...».

Diversi i tecnici che ha avuto. Da Berbizier a Brunel e Mallett, passando per O'Shea e Smith. Chi l'ha colpita di più?
«Ho cercato di prendere il meglio da ogni tecnico, anche dal punto di vista umano. Ognuno di loro mi ha dato qualcosa. Berbizier mi ha fatto esordire e mi ha portato al Mondiale del 2007 nonostante fossi molto giovane. Mallett mi ha fatto addirittura capitano contro il Sudafrica campione del mondo. Lui ti trasmetteva grande voglia e quando scendevi in campo lo facevi anche per lui. Brunel ci ha fatto crescere molto, così come O'Shea.

Poi Smith lo conosco molto bene e so quanta passione ci mette nel suo lavoro. Abbiamo vissuto momenti difficile, è vero, ma ora guardo avanti e dico che la sfida ora per l'Italia, per i giocatori e per tutto il movimento è quello di vivere meno intensamente questi momenti negativi, di non farci ancor più male nei momenti di difficoltà e di provare ad alzare la testa e migliorare. In certi momenti come questi, con 27 ko consecutivi nel Sei Nazioni, le negatività ci portano così in basso che poi tutto viene messo in discussione, a partire dal tecnico. E invece dobbiamo fare gruppo, essere coesi. Tutti dobbiamo prenderci più responsabilità, a partire dai giocatori. Non è sempre colpa dei tecnici. C'è bisogno di risultati, di successi e sono i giocatori per primi a dover dare la svolta».

Ha giocato con tanti giocatori di personalità e che hanno trascinato in campo e fuori l'Italia. Chi il più forte?
«Senza alcun dubbio Parisse. E' l'esempio che senza un lavoro duro non si va da nessuna parte. Dietro ci deve essere qualità ma anche grande carattere. E lui ha tutto questo. E poi Zanni, un leader silenzioso, umile,che ha raggiunto livelli impressionanti in Nazionale. Ma mi vengono in mente anche Castrogiovanni, Masi, Bortolami, Mauro Bergamasco, per fortuna sono stato in una Nazionale di grande livello».

Una Nazionale negli ultimi anni sempre nell'occhio del ciclone, prima in campo internazionale e poi anche qui in Italia. Come si spiega questa lunga striscia di ko? Possiamo avere dei segnali di fiducia per il futuro?
«Sì, ma dobbiamo essere onesti. La nazionale è lo specchio di quello che viene creato nei club. In questo momento sono in evidente crisi di risultati. Zebre e Treviso hanno faticato ultimamente. E' fondamentale creare delle realtà vincenti con i club per creare una Nazionale vincente. La qualità però c'è, così come la voglia di invertire la rotta. Si sta lavorando tanto per tornare ad alti livelli ma il gruppo è giovane e ha bisogno di tempo per crescere. Ma la verità è che sì, si deve lavorare con serenità, ma anche i giocatori devono sbrigarsi a crescere. La montagna da scalare è già molto alta e rischia di diventarlo sempre di più».

Sei Nazioni al via. Che torneo sarà? Quali le favorite?
«Dico subito la Francia. E' una squadra umorale. Se inizia bene, può continuare con serenità per tutto il torneo. Il fattore campo non inciderà come una volta, visto che si giocherà senza pubblico, quindi questo potrebbe avvantaggiarli. L'Inghilterra ha qualche acciacco in più ma fa paura lo stesso. Saranno queste due a giocarsi il titolo, ma i francesi sono i favoriti, visto anche il trend degli ultimi mesi».

Chi tra i giovani possono prendersi sulle spalle questa Nazionale?
«Garbisi ha fatto vedere grandi qualità tecniche e umane, così come Lamaro. Ma occhio a non creare troppa pressione. In generale i giovani crescendo bene, la qualità c'è e devono continuare a lavorare duro per arrivare in alto”.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 5 Febbraio 2021, 08:46
© RIPRODUZIONE RISERVATA