Fiona May contro il razzismo: «Nel calcio troppi si nascondono, servono leggi più severe»

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di Marco Lobasso
È stata campionessa mondiale di salto in lungo, una delle atlete italiane più forti di sempre. Poi, nella sua seconda vita è stata ballerina in Ballando con le stelle sulla Rai, attrice tv nella serie Butta la luna e protagonista in teatro, con la piece Maratona di New York. Fiona May non finisce di stupire, competitiva e vincente in tutto ciò che fa. Ora è testimonial di Missioni Don Bosco, tra sport e solidarietà, ed è volata in Etiopia al fianco di bimbi e mamme-bambine in difficoltà.



Occuparsi dei diritti dell'infanzia e fare da portavoce delle necessità dei poveri del mondo è per Fiona May ragione di vita, una nuova bellissima sfida.
«Ci ho messo un secondo a dire sì alla proposta di Giampiero Pettenon, presidente della onlus salesiana Missioni Don Bosco. E sono partita per l'Etiopia felice. C'è tanto da dare, tanto da fare. Soprattutto c'è da portare all'attenzione di tutti, all'esterno, i drammatici disagi in cui vivono bambini, mamme e famiglie etiopi. Ma non solo, ci sposteremo in ogni paese dell'Africa dove ci sarà bisogno. Io sono pronta».
 
 

La solidarietà, i diritti dell'infanzia, l'Africa da aiutare sono temi purtroppo spesso troppo lontani dalla nostra vita quotidiana, piena di altri problemi, altre storie spesso stucchevoli. Una su tutte il razzismo nello sport e nel calcio in particolare.
«Il problema esiste e sta crescendo; in Italia si sta perdendo troppo tempo. Uefa, Fifa devono intervenire presto e bene. C'è bisogno di leggi più dure, di interventi più pesanti, di più rigore, altrimenti non funziona. Si parla troppo da noi, invece bisogna agire».

Forse è giunto il momento di interrompere davvero le partite di calcio in presenza di buu e cori razzisti e andare via. Stava accadendo in Verona-Brescia, con i cori razzisti contro Balotelli.
«Ma non è solo la questione Balotelli. E' tutto il calcio italiano che su questo tema è troppo morbido. Ma credo siano in tanti a pensarla come me: servono leggi più severe e decisioni drastiche. Sono italiana ma vengo dall'Inghilterra; mi hanno insegnato che bisogna agire, basta parlare. Altrimenti il razzismo nel calcio non lo batteremo mai».

L'impressione è che in troppi sottovalutano o fanno finta di sottovalutare il problema.
«Ed è grave. Non è possibile ascoltare in continuazione i Non ho sentito nulla, Non mi pare.... E' assurdo, non si può dire così perché poi i cori ci sono eccome e si sentono davvero. Bisogna invece prendersi le proprie responsabilità e andare in fondo al problema».

Troppe volte ci si trincera dietro al fatto che il calcio in fondo è solo un gioco.
«E' ora di finirla con questa storia del gioco, perché a furia di considerarlo solo così si perde tempo e si rimandano decisioni. Lo sport, non solo il calcio, non è un gioco ma molto di più: ci sono contratti, regole, responsabilità, leggi. Si guadagna, si vive con lo sport. I problemi vanno affrontati prendendoli di petto e con coraggio».

Come ha sempre fatto Fiona May nella sua carriera di lunghista vincente e di campionessa mondiale.
«Quando ero atleta ero considerata una rompiscatole, una a cui non stava bene niente. E per questo risultavo antipatica. In realtà ero solo precisa e dicevo senza fronzoli quello di cui avevo bisogno. Sempre stata sincera. Sono una che si prepara, in tutto quello che fa. E a volte questo può risultare scomodo».

Nello sport cresce il #MeToo delle donne. A volte il fenomeno appare imbarazzante.
«E' questo è il momento giusto di tirare tutto fuori. Il problema delle molestie alle atlete è sempre esistito. C'è e tanto, e non solo. E anche in questo caso in Italia siamo indietro con le leggi. Ora ci vuole di più per essere chiari, cristallini nel rapporto tra atleta, allenatori, genitori e dirigenti. Non è solo una questione di genere, è invece proprio una questione di regole da rispettare. Anche in questo caso c'è bisogno di una presa di coscienza comune, atti di responsabilità definitivi».

Lo sport, per fortuna regala anche tanti sorrisi. Larissa Iapichino, figlia di Fiona e dell'atleta azzurro di salto con l'asta Gianni Iapichino ha vinto il titolo europeo giovanile nel lungo. Come la mamma o più della mamma?
«Sapevo che saremmo arrivati a Larissa. E' forte ma non la carico di responsabilità, deve fare il suo percorso e avrà me al suo fianco, sempre. Inutile guardare lontano, deve vivere l'atletica e il salto in lungo giorno per giorno, dando il suo massimo e divertendosi».

Contenta dell'Italia dell'atletica ai recenti mondiali di Doha?
«Io non sono mai contenta. Ma voi lo sareste se si torna a casa con una sola medaglia di bronzo? Ci manca qualcosa, inutile negarlo e bisogna fare presto a risolvere i problemi perché i Giochi di Tokyo sono domani».
Ultimo aggiornamento: Martedì 12 Novembre 2019, 10:18
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