Coppi, i 100 anni del Campionissimo. Bruno Pizzul: «Non ci sarà più uno come lui»

Coppi, i 100 anni del Campionissimo. Bruno Pizzul: «Non ci sarà più uno come lui»

di Valeria Arnaldi
C'era chi tifava Fausto Coppi, il Campionissimo. E chi sosteneva Gino Bartali. Lo sport univa il Paese nella passione, i campioni lo dividevano in tifoserie.

Bruno Pizzul, ex storico telecronista Rai, com'era l'Italia di quegli anni?
«Era divisa in due, quella laica e quella cattolica. Ciò aveva in qualche modo il suo riflesso nella rivalità tra Coppi e Bartali. Il primo impersonava il Paese laico, qualcuno disse anche che era comunista. Il secondo era più vicino alla parte cattolica».

Una realtà molto diversa da quella attuale: sarebbe possibile oggi una spaccatura simile?
«No, l'Italia dell'immediato dopoguerra era caratterizzata da nette separazioni e problemi di caratteri politico e religioso. Oggi è difficile perfino collocare la politica nelle categorie tradizionali di destra e sinistra, non c'è più una separazione chiara. È molto difficile che un uomo di sport sia identificato in modo così forte con una fazione politica. In quegli anni si disse addirittura che Bartali aveva evitato la rivoluzione in Italia: dopo l'attentato a Togliatti, ottenne alcune vittorie e la passione popolare dimenticò ciò che era accaduto».

A cento anni dalla nascita e quasi 60 dalla morte, la memoria di Coppi è ben viva: perché?
«Era un uomo del popolo e un grandissimo sportivo. Non a caso è stato ribattezzato il Campionissimo, titolo che era già stato di Girardengo. Il ciclismo è fatto di fatica, senso del sacrificio, pure rivalità personali e quella tra Coppi e Bartali è rimasta profondamente incisa nell'immaginario popolare».

Anche il privato ha avuto un peso?
«Sicuramente. Coppi ha avuto una vita travagliata. In quell'Italia bigotta non si perdonava il tradimento familiare. Quando ha lasciato la famiglia per stare con Giulia Occhini, la cosiddetta Dama Bianca, ha avuto non pochi problemi. Quelli che uscivano dal matrimonio erano passibili di sanzioni penali. Giulia Occhini ha dovuto partorire all'estero. Coppi ha perso l'amato fratello Serse, come lui ciclista, per una caduta in corsa».

Ha contribuito al mito la storia della sua fine?
«Fausto Coppi è morto per la malaria contratta dopo una battuta di caccia in Africa e non diagnosticata dai medici. Sarebbe bastata qualche pastiglia di chinino per salvarlo. Ciò gli ha dato un'aura leggendaria. Nessuno ciclista dopo di lui ha goduto di tanta attenzione popolare. Forse solo il suo rivale, Bartali».
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 16 Settembre 2019, 08:48
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