«Quando ho saputo che Bruno Vespa avrebbe ospitato il figlio di Riina con la sua autobiografia mi sono detto: ahia, questa è una roba pericolosissima. O perde il posto Bruno o ci rimette il direttore di Raiuno». «Se ne frega. È a fine carriera e lo sa. Al capolinea. Se fosse stato giovane, quella puntata l'avrebbe cancellata, ora invece va a sbattere contro il muro a tutta velocità. Quelli come noi, arrivati ad un certo punto, provano una pulsione distruttiva, un cupio dissolvi». «Chi è vittima del suo narcisismo, pur di marcare il territorio è pronto anche a morire. Perlomeno chiude da eroe e non da servitore. Ci scriverà un libro. Anni e anni di tv, vedrà».
L'allarme di don Ciotti: "Nell'intervista ha parlato in codice"
Vespa «è l'unico dei grandi rimasto in sella.
Santoro è fuori, Costanzo fa poco, Minoli non è più in Rai. La fine di Vespa è fisiologica. Sa perché c'è tanto astio in tutti gli attacchi che gli sono arrivati su questa vicenda? I politici non sopportano che in tv ci sia qualcuno più forte di loro». L'intervista «l'ho vista», aggiunge, «ho analizzato l'effetto che faceva a me. Quello che parlava era un mafioso, che guardava le immagini delle stragi da estraneo, quasi schifato, come se vedesse un insetto. E mi ha fatto capire che la mafia esiste ancora».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 8 Aprile 2016, 10:30
© RIPRODUZIONE RISERVATA