Il sindaco Lo Russo: «Con Eurovision Torino ha la sua grande occasione. L’esclusione della Russia? È giusta»

Il sindaco Lo Russo: «Con Eurovision Torino ha la sua grande occasione. L’esclusione della Russia? È giusta»

di Giammarco Oberto

TORINO - Quassù fanno il conto alla rovescia almeno dai giorni di Sanremo, quando la Mole si illuminava con un enorme -100. E adesso che di giorni all’Eurovision ne mancano 71, sulla Mole c’è la bandiera dell’Ucraina e il più grande festival musicale europeo diventa anche altro. Forse anche un simbolo. E la decisione dell’European broadcasting union, che produce l’evento, di escludere la Russia dalla competizione, è «pienamente condivisa» dal sindaco Stefano Lo Russo. «È stata una scelta dolorosa, ma inevitabile» dice. «Lo scopo di Eurovision è di lanciare un messaggio di fratellanza e di speranza, di integrazione europea. Non possiamo stare inerti, dobbiamo fare cose concrete. È il tempo delle decisioni, delle mobilitazioni. Quanto sta succedendo in Ucraina è intollerabile».

Ma intanto la macchina per un evento seguito da 200 milioni di spettatori di 41 Paesi è lanciata. Ed è anche la sfida di un neo sindaco 46enne che prova a riaccendere i motori di una città che da anni «ha perso slancio».

Stefano Lo Russo, 10, 12 e 14 maggio date da segnare. Che cosa significa per Torino?

«Un evento che potrà rilanciare l’immagine internazionale della città. Ci stiamo preparando con grandissima intensità organizzativa. L’auspicio è quello di far fare bella figura non solo a Torino ma all’Italia intera, che è quello che più mi sta a cuore».

Come promuoverete la città?

«Per quei tre giorni Torino sarà al centro della promozione Rai correlata all’evento. Il Comune da parte sua costruirà intorno all’Eurovision una programmazione di eventi collaterali che coinvolga tutta la città, i giovani ma non solo, una sorta di Eurovision off».

Tutto questo comincia con la vittoria dei Maneskin l’anno scorso a Rotterdam. Le piacciono?

«Moltissimo, mi piace molto la canzone che ha vinto, “Zitti e buoni”. Tra l’altro ci saranno anche loro, al PalaOlimpico di Torino».

Milano risponde con le Olimpiadi invernali del 2026. Nel 2018 - giunta Appendino - anche Torino era candidata. Occasione persa?

«Da torinese ho un po’ di rammarico. È stato un errore non lavorare insieme a Milano e a Cortina per fare un evento olimpico diffuso. L’evento avrebbe potuto coinvolgere la nostra città. Non è accaduto, peccato. Però ora guardiamo al futuro».

Lei è sindaco da quasi cinque mesi. Che città ha ereditato da Chiara Appendino?

«Io ho scelto di non parlare dell’amministrazione precedente, credo che la politica debba pensare al presente e programmare il futuro. Ma certo la situazione della città non è facile, soprattutto per quanto riguarda l’erogazione dei servizi essenziali. Non lo era dal punto di vista finanziario, per questo ho chiesto un aiuto che è arrivato dal governo Draghi, con il fondo salva-Comuni. Questo ci ha consentito di mettere in sicurezza i conti della città. E quindi di programmare i prossimi anni con un’ottica che guarda al lungo periodo. E quindi gli investimenti che faremo hanno un orizzonte temporale che va ben oltre la durata del mio mandato».

Gli investimenti cardine?

«La linea 2 della metropolitana, i grandi progetti di riqualificazione e rigenerazione urbana per la ricucitura sociale della città. E la linea 2 della metro. Ho appena ottenuto dal governo un miliardo di euro per poter andare in gara d’appalto che vorrei chiudere entro la fine del 2022. E poi si parte con i lavori».

Ha citato i servizi essenziali che non funzionano. Io ci ho messo 5 mesi ad avere la nuova carta d’identità. L’ho avuta il 4 ottobre, giorno del ballottaggio tra lei e Damilano. La situazione è migliorata?

«In alcuni casi è perfino peggiorata. È una vera emergenza che ho provato ad aggredire dal giorno dell’insediamento. Ci sono problemi strutturali, pensionamenti, carenza di personale. Abbiamo allungato gli orari e aperto gli sportelli anche il sabato, ma ci sono 30mila carte d’identità d’arretrato. Speriamo di smaltire tutto entro fine anno e tornare alla normalità».

Che città immagina tra 10 anni?

«Una città che ha recuperato smalto e un livello di efficienza nei servizi pubblici che aveva e che non ha più, una città curata nel spazio pubblico, una città con disagio sociale ridotto, con più infrastrutture di trasporto pubblico, con più attrattiva, molto più internazionale, con uno sguardo proiettato sul futuro, a forte trazione europeista.

Sono onorato che Torino ospiti, il 19 maggio, il Consiglio d’Europa».

Il Consiglio comunale di Milano ha appena approvato il Piano aria 2021-2050, che ha l’obiettivo di arrivare a una città carbon neutral. Niente auto diesel già dal 2030. E Torino?

«L’inquinamento nella nostra città è un’emergenza vera, ma credo che il tema si affronti con provvedimenti strutturali e non ideologici, basati scientificamente su dati. Dobbiamo agire sull’efficienza energetica dei nostri edifici, puntare a una città che si rigenera attraverso un meccanismo di riduzione dei consumi e di autoproduzione di energia elettrica da fonte rinnovabile».

E il traffico?

«La strategia è investire nel trasporto pubblico, dare un servizio efficiente, economico, rapido, per invogliare a lasciare l’auto. A Torino arriveranno 270 milioni di euro per il rinnovo delle flotte, sia di tram che di bus. E poi fondamentali gli incentivi alla rottamazione per acquistare veicoli più ecologici».

Lei prima della pandemia era docente di geologia al Politecnico. L’insegnamento le manca?

«Ogni tanto sì. Sono ancora in contatto con i miei studenti, i miei dottorandi. Ho sempre amato moltissimo il mio lavoro, la ricerca e la didattica, ogni tanta nostalgia ce l’ho».

Che cosa pensa della protesta della scuola? Lei ha...quanti figli ha? Sul web ho letto perfino tre.

«Una sola figlia. Sì, ho letto anche io quelle notizie strane sul web. No, solo lei, va per i 15 anni. Ed ho proprio lei come punto di osservazione. Ho toccato con mano quella che è stata la difficoltà dei ragazzi in questi due anni di pandemia. E oggi la mobilitazione degli studenti è un segnale di speranza pazzesco che arriva al mondo degli adulti. Io condivido tutte le loro ragioni. Chiedono che ci sia attenzione al tema della sicurezza nel processo di alternanza scuola lavoro, vogliono assistenza psicologica adeguata nelle scuole, richieste che denotano maturità e consapevolezza».

Che cosa fa quando è casa?

«Mi piace tenermi aggiornato nel mio settore scientifico, geologia applicata, energie rinnovabili, materie prime. Curo le piante sul balcone. Leggo parecchio, sono appassionato di noir e gialli scandinavi. Mi piace camminare, e ho una passione per lo sci che però non riesco più a fare».

In tv che cosa guarda?

«Mi piacciono i documentari su Rai storia. E sono appassionato di Quattro hotel e di Quattro ristoranti. Anche io noto sempre location, menù, servizio e conto. Anzi, sono bravissimo a indovinare il conto, con mia figlia ci divertiamo sempre. Su Quattro hotel sono più ferrato. Ho viaggiato molto, ho discreta attitudine ad valutare qualità dell’hotel e qualità del trasporto aereo. Appena tutto tornerà in ordine speriamo di poter tornare a viaggiare, anzitutto come turista».

Dove andrebbe?

«In Giappone, che è il viaggio che avevo programmato l’anno del lockdown, ho dovuto disdire tutto. In Europa andrei in Islanda, ma lì c’entra anche la geologia».

E poi è juventino.

«Sì, ma cresciuto con Aldo Rabino, cappellano del Torino Calcio, morto nel 2015. A lui ho dedicato la mia vittoria da sindaco. È il mio peccato originale granata per cui mi dicono che sono uno juventino atipico».

Chi vince il campionato?

«Quest’anno lo scudetto si gioca a Milano, non so quale sponda».

Sala lo conosce?

«Certo, per lui nutro grande rispetto e stima. Ma lui è dell’Inter. Nessuno è perfetto».


Ultimo aggiornamento: Martedì 1 Marzo 2022, 07:48
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