Natale in casa Cupiello, attori straordinari ma la scintilla non è mai scattata

Natale in casa Cupiello, attori super ma la scintilla non è mai scattata

di Giuseppe Montesano

Edoardo De Angelis, il regista interessante del «Vizio della speranza» e di «Indivisibili», ha ricavato un film da «Natale in casa Cupiello» di Eduardo De Filippo, trasmesso ieri in prima serata da Raiuno. Il film sposta gli eventi un po' in avanti, dagli anni Trenta agli anni Cinquanta, ma per il resto non c'è nessun cambiamento sostanziale. Quasi tutti gli attori sono giusti, a partire da Sergio Castellitto nei panni di Lucariello passando per Tony Laudadio come zio Pasquale e per Alessio Lapice, Antonio Milo, Pina Turco e gli altri. Il rispetto dei personaggi c'è in un Castellitto nevrotico e sottile come c'è in un Laudadio provocatore e sornione, e c'è in tutti il rispetto del testo eduardiano.

Ci sono poi alcune idee registiche di De Angelis, come la neve che indica un mondo favoloso ma gelido, che stanno bene. Ma la scintilla non si accende, se non a tratti e per la grande bravura degli interpreti, e questo «Natale in casa Cupiello» in forma di film televisivo scivola via troppo tranquillo e troppo placido.

Perché mai, se le premesse sono quelle di attori giusti e di un regista interessante? La questione riguarda in profondità il teatro eduardiano e la capacità di leggere i suoi fondi e doppi fondi al di là delle superfici, facilmente fustigate da Rea come da De Simone per motivi diversi ma in fondo simili, nati dal non capire che Eduardo rappresentava Napoli anche come metafora dell'Italia, e non rappresentava il popolo in senso stretto ma la piccola borghesia incerta tra italiano e napoletano come tra bene e male.

Fare «Eduardo senza Eduardo» è necessario e sacrosanto, ed è accaduto per esempio con Servillo regista-attore in «Sabato, domenica e lunedì» e in «Le voci di dentro»: nel rispetto della partitura-Eduardo, sì, ma un rispetto che lavorava a fondo la partitura negli interstizi e nelle fratture, in cerca della modernità possibile dentro la drammaturgia che Eduardo autore approntava per Eduardo attore e viceversa. Anche un regista di cinema come Martone ha fatto «Eduardo senza Eduardo», con «Il sindaco del rione Sanità»: con una lettura che trasportava il testo eduardiano direttamente nella contemporaneità, mostrando che il testo poteva reggere anche a questa sollecitazione estrema.

Per chi scrive qui vale per Eduardo la legge dei classici del teatro: se è un classico può essere adattato e interpretato come si vuole e portandolo dove si vuole, che sia Pirandello o Eduardo, ma l'interpretazione deve funzionare.

E De Angelis, forse per troppo ossequio, ha lasciato stare buona buona la partitura di «Natale in casa Cupiello», senza né scavare nei doppi fondi né trascinarla nel presente, e la partitura non è diventata musica. 

Video

Un solo esempio: Tommasino. Il Tommasino di Luca De Filippo, forse anche per motivi psicologici legati al rapporto con il Padre totemico, fu una delle sue prove più alte: il Tommasino adulto bambino, malvagio e stupido, astuto e idiota, tra Beckett e il vicolo, non solo è grandioso, ma non può essere trascurato da nessun interprete. E invece il Tommasino del pur bravo Adriano Pantaleo, per evidente scelta registica, sembra costretto a spiegare a ogni respiro di non somigliare a Luca De Filippo: ma il Tommasino cattivo e ottuso di Eduardo regista e di Luca attore non è solo e semplicemente una grande interpretazione, quanto piuttosto è una traccia drammaturgica per l'intera commedia. E indica una via precisa, quella del grottesco e del «dolore sotto chiave», quella che fa oscillare la commedia di Eduardo tra il comico e il tragico senza mai essere né comica né tragica ma purgatoriale, e quindi beckettiana, e quindi europea, e quindi moderna.

Quando si chiude «Natale in casa Cupiello» secondo Beckett-Eduardo, il «bene» e la «bontà» luccicano volutamente ambigui e schizoidi: tutto finisce bene ma quel bene è falsato alle radici, e la pace finale sogghigna amara per far chiedere allo smarrito spettatore come andrà davvero nelle case Cupiello universali e nella sua casa Cupiello. Altro che il buonismo e l'incapacità di raccontare la «vera Napoli» attribuiti a Eduardo, o il dire che Eduardo era piccolo borghese perché metteva in scena la piccola borghesia!

Alla fine il «Natale in casa Cupiello» di un regista come De Angelis altrove pieno di contrasti e di ambiguità, con attori che hanno approfittato di ogni spazio con Castellitto in testa, se ne è scivolato via senza nessuna Europa e senza nessuna modernità. Forse perché il suo vero luogo, alla fine, è il teatro reale? Chissà! Ma una cosa, ai prossimi che si avventureranno in esso, si può dire: il teatro di Eduardo bisogna scavarlo e riscavarlo, o lo si tradisce.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 23 Dicembre 2020, 10:05
© RIPRODUZIONE RISERVATA