Jovanotti, dagli Appennini alle Ande: i suoi 4mila km in bici diventano un docutrip su RaiPlay

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di Rita Vecchio
Sono uno che racconta mondi che ha visto e mondi che vuole vedere. Senza una meta, senza una gara da vincere, solo andare e viaggiare io e la bici. Scriveva più o meno così Lorenzo Jovanotti più di venti anni fa nel libro Il grande boh!. Stessa fame di esplorare allora come oggi. Una bicicletta (la chiama “Ippogrifo”), uno smartphone e un’action camera GoPro. Così percorre 4000 km in un mese e mezzo, riprende paesaggi, e ne fa un docutrip dal 24 aprile sulla piattaforma digitale di RaiPlay: “Non voglio cambiare pianeta” (citazione di Pablo Neruda). Sedici episodi di circa 15 minuti, diretti da Michele Maikid Lugaresi, realizzato con Federico Taddia, produzione di SoleLuna e musiche inedite dello stesso Jovanotti registrate in questi giorni di quarantena nella sua casa toscana. 
Un viaggio «felice» - lo ha definito in conferenza stampa virtuale Zoom con i giornalisti e con l’amministratore delegato Rai Fabrizio Salini e il direttore di RaiPlay Elena Capparelli - fatto in solitaria tra gennaio e febbraio dal deserto di Atacama in Cile fino all’Argentina. 
Dopo il Jova Beach Party, è dalla strada che riparte. «Ho comprato un biglietto e sono andato. Volevo rimettermi in contatto con la parte più profonda di me. Il mio amico Gabriele Muccino ha detto che vivo come un 20enne. Ma io credo che l’avventura non si esaurisca. Vivo come un 53enne che realizza ciò per cui vive». Paesaggi, poesie da Levi a Sepùlveda, immagini di Spongenbob, di Corto Maltese, e brani inediti «che mai forse saranno incisi», come quelli strumentali Languido, Bouzuki 1 Frikkettoni e Panamericana (musiche di Giovanni Allevi). Torna con un «innamoramento folle» per il folk argentino. Su Sanremo, glissa dicendo che è presto per parlarne, Amadeus e Fiorello «amici fraterni», ma per ora bisogna riprendersi. «Sono partito per stare lontano da tutti, e sono tornato che dovevo stare distante per legge. Una situazione che ti tocca nel profondo. I concerti nei drive in non mi consolano affatto. Sarà tutto da costruire. La musica fa parte del superfluo, ma del superfluo necessario che fa bene all’anima. La musica è uno sfogo cutaneo, si vive solo facendola. Fuori da qui, sarà una sfida». 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 23 Aprile 2020, 14:08
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