Enrico Lucci: «Salvini e Renzi? Ecco cosa gli direi... Le parolacce me le ha insegnate Funari»

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di Marco Castoro
«Io se oggi fossi un pischello starei continuamente su Facebook a ciattà per rimorchià le ragazze». Ma nonostante questa confessione Enrico Lucci si prepara ad analizzare (alla sua maniera) il mondo social. Nell’era delle dirette Facebook e delle storie di Instagram, infatti, anche la casalinga o l’impiegato vivono il loro reality show, come fossero celebrità, accrescendo ego e follower, ma sempre in bilico tra realtà e finzione. Con “Realiti sciò. Siamo tutti protagonisti”, sette puntate in onda su Raidue a partire da lunedì 10 settembre alle ore 21:05, l’ex Iena punta l’indice per sviscerare il fenomeno. In attesa di ripartire a ottobre con le prime 7 puntate di Nemo (le altre in primavera).
Lucci, è sua l’idea del format?
«Realiti sciò è una realizzazione mia e di Umberto Alezio, l’autore che lavora con me da 8 anni, il mio viagra, eccellente professionista che propone idee per la tv, che inventa in continuazione, un creativo televisivo che mi ha trascinato qui alla Rai, altrimenti io pigro come sono non mi sarei mai mosso».
Questi personaggi del suo reality sono più normali o paradossali?
«Il paradosso è diventato normalità. E come diceva Ennio Flaiano: ci deve essere qualcuno che abbassa di continuo la soglia del ridicolo. Quello che era ridicolo 20 anni fa oggi è normale. Chissà tra 20 anni che cosa accadrà».
Inizi faticosi, ora il successo. Ci racconta la svolta?
«Ho cominciato a Rete Azzurra, tv locale di Genzano. Per avere la licenza le emittenti locali dovevano fare il tg e quindi prendevano il primo che capitasse dalle loro parti pur di mettere in onda un telegiornale. Presero me. E io conducevo il tiggì. La svolta? Claudio Ferretti l’uomo della mia vita».
Lo storico radiocronista di Tutto il calcio minuto per minuto?
«Sì. Facevo parte del movimento universitario la Pantera, ero militante della sezione Pci Lenin di Ariccia. Ferretti venne a fare un servizio. Io dopo che mi sono laureato l’ho contattato chiamando la Rai e chiedendo di lui. Sono lo studente, si ricorda? Lui: No».
E allora?
«Ma io ho insistito: posso venire lo stesso a farle vedere i servizi che ho realizzato? Sono andato a Via Teulada con una cassetta di girato. Ma la cassetta si è rotta proprio mentre la stavo facendo vedere. Mi volevo sparà! Ferretti ha chiamato il montatore e con lo scotch l’hanno rimessa in sesto. Mi ha dato i giusti consigli».
E poi?
«Mesi dopo Ferretti diventa caporedattore Tg3. Io stavo a Videouno. Non mi pagavano da mesi. Lo chiamo con la scusa degli auguri e gli chiedo se ci fosse la possibilità di un lavoro. D’estate aveva bisogno di qualcuno. Avrà detto: fammi chiamà questo che mi tortura da mesi. Mi offrì un contratto da 8 mesi. Quando invece fui notato dal casting delle Iene facevo Telesogni su Raitre a mezzogiorno. Sono partito con un servizio e ne ho fatti 900 in 20 anni».
Davide Parenti è un personaggio tosto. Ci va d’accordo?
«Ha un caratteraccio ma ci siamo odiati e amati. Un mese fa abbiamo fatto una bella cena a Roma. Siamo fratelli, con 20 anni passati assieme.
Era dispiaciuto quando ha lasciato le Iene?
«Anche lui come lo fu Ferretti quando me ne andai dalla Rai».
Perché tutti le vogliono bene?
«Non mi vogliono bene tutti. Mi vogliono bene solo coloro a cui io voglio bene. Mi vogliono malissimo quelli che odio».
Sono tanti quelli che odia?
«No».
La donna della sua vita?
«Esistono le donne della vita. Non una sola. Un ristretto numero di donne eccellenti che ho amato. Con me hanno funzionato pure le cameriere».
Si sente l’erede di Funari?
«Funari disse un giorno che io ero il suo erede. Io andai sotto a casa sua nella villa in Liguria. Mi sono piazzato lì per giorni. Ho stabilito un bel rapporto umano, mi commentava i servizi di notte, c’è stato un vero affetto per questo animale tv».
E Marrazzo? È stato lei a intervistarlo dopo lo scandalo.
«Era imbarazzato. L’ho messo a suo agio. Volevo raccontare l’immenso disagio senza esagerare nei toni. Quando c’è una persona in palese difficoltà non mi piace il facile gioco di sparare sulla croce rossa. Mi viene più di essere irruento con le persone di potere».
E Lapo? Che tipo è?
«A Lapo puoi solo voler bene. E basta. Detto questo ho detto tutto».
C’è qualcuno che ha voluto metterle i bastoni tra le ruote?
«Succede e succederà sempre, ma la libertà è quella che osi ogni volta, nonostante i tentativi di bloccarti. La libertà sta nel riprovarci sempre. Io non faccio mai muro contro muro».
Il servizio che l’ha divertita di più?
«Alla Scala quando li portavo su ingressi sbagliati».
E quello più bello?
«La mia medaglia l’ho conquistata quando ho fatto rinnegare Mussolini a Fini, ministro degli esteri del governo Berlusconi. In precedenza Fini aveva detto che il più grande statista del 900 era stato Mussolini. Ora con la svolta An e da ministro doveva confermarlo. Lo direbbe ancora? Gli chiesi. Lui aveva una faccia imbarazzata che era tutta un programma. Il sì o il no l’avrebbe messo in crisi. Continuò a camminare con la faccia turbata per poi crollare, visto che non l’avevo mollato. Alla fine disse: non lo ridirei».
A Salvini cosa chiederebbe?
«Dove vuole arrivare? E perché?».
E a Renzi?
«A Mattè: è finita!».
Invece il Pd come lo vede? Ha ancora credibilità tra la gente?
«So troppo veloci nella definizione congresso e segretario. Dovrebbero aspettare tre secoli per fare la scelta giusta».
Il risotto di D’Alema lo mangerebbe?
«No, mangio solo quello di mia madre».
E Grillo?
«L’ho conosciuto. Grandissimo comico. Artista strepitoso. Ma una cosa è l’arte, un’altra la politica».
Lei è accusato di dire troppe parolacce.
«L’ho ridotte. Me l’ha trasmesse Funari che diceva se uno è stronzo non gli puoi dire stupidino, gli devi dire stronzo. La parolaccia non va utilizzata come scorciatoia. Ora non mi viene più di dirle. Sa perché? Perché adesso le dicono tutti». 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 6 Settembre 2018, 12:50
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