Vinicio Marchioni: «I miei Soliti ignoti, sessant'anni dopo, pensando a Monicelli»

Vinicio Marchioni: «I miei Soliti ignoti, sessant'anni dopo, pensando a Monicelli»

di Paolo Travisi
Ladruncoli maldestri e bonari nell'Italia delle macerie del Dopoguerra. I soliti ignoti di Mario Monicelli è lo sguardo migliore della commedia all'italiana. Era il 1958. A distanza di 60 anni, Vinicio Marchioni, dirige la prima trasposizione teatrale di un'opera che raccontava la miseria e l'ingenuità di un'Italia in bianco e nero.

Perché I soliti ignoti a teatro?
La proposta è arrivata dopo aver portato in scena Uno Zio Vanja, l’ho trovata un’occasione enorme, per la prima volta a teatro. Sentivo la necessità di ridere, sia per il pubblico che per me, dopo anni di studio su Cechov. E siamo rimasti fedelissimi alla sceneggiatura.

Il suo personaggio è Tiberio, che fu di Marcello Mastroianni.
Per Mastroianni ho un amore particolare, ma tutti gli otto personaggi sono protagonisti straordinari. Giuseppe Zeno ha un fisico che si presta di più al personaggio di Vittorio Gassmann, Er Pantera, ed essendo io balbuziente è stato più facile guidarlo.

Il film raccontava la miseria del dopoguerra, oggi quella miseria si è trasformata in che cosa?
I personaggi di quell'Italia, nonostante la miseria, erano pieni di grazia. Mi fa piacere ricordare come eravamo. Oggi ci sono tanta aggressività e odio, vedere questi personaggi ingenui che non fanno paura a nessuno, è un motivo per parlare ancora dei Soliti Ignoti.

L'Italia di allora era un'epoca faticosa. Perché si guarda con tenerezza?
Perché abbiamo perso quell’ingenuità di chi aspettava il boom e forse anche la voglia di prenderci in giro. Il mio augurio è di recuperare quell’arte di arrangiarsi ed amare i tratti migliori del nostro essere italiani.

Dal suo percorso si capisce, che le sue scelte non sono dettate dalla ricerca del successo.
Il successo è una grande gabbia. Se mi fossi fermato ai ruoli che mi proponevano dopo Romanzo Criminale, non avrei fatto il cinema e teatro di oggi. La popolarità è un mezzo per portare le persone a teatro e condividere temi su cui riflettere.

Woody Allen, Dustin Hoffmann, Vasco Rossi, anche solo uno di questi nomi basterebbe ad appagare qualsiasi attore. Lei ne può vantare tre.
Avere lavorato con questi professionisti, significa apprendere il più possibile. Ognuno di loro ha una dedizione assoluta per il mestiere, più forte della popolarità e dei premi. E' ciò che cerco anch'io.

I soliti Ignoti (dal 18 dicembre al 6 gennaio), teatro Ambra Jovinelli - Via Gugliemo Pepe 43, 00185 Roma
bigl. da 19 a 35 euro, info 06 83082884 - 06 83082620
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 18 Dicembre 2019, 08:01
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