Monica Guerritore: «Voglio aprire al teatro le porte della tv»
di Marco Castoro
Monica Guerritore, qualcosa si sta muovendo…
«Sì. La funzione sociale del teatro e la crescita culturale del nostro Paese cominciano ad entrare nel dibattito politico. Questa tragedia che abbiamo vissuto diventa un’occasione per ridare energia e forza a un mondo, quello del teatro, al quale via via era stata tagliata l’aria. Sempre meno aiuti, meno attenzione e rispetto. Ora è il momento per creare qualcosa di nuovo e lavorare su ciò che si fa in tutto il mondo: riadattare i testi teatrali per il cinema, le serie tv. Io faccio Macbeth e loro lo adattano e diventa House of Cards. Questo è una bellissima occasione per la nostra produzione televisiva».
Da dove si comincia?
«Dal racconto. L’unica cosa che conta. E si creeranno opportunità per nuovi talenti: autori, scrittori, sceneggiatori, drammaturgi, dialoghisti lavoreranno sui testi, direttori della fotografia e tecnici di audiovisivo affiancheranno i tecnici del teatro, interpreti teatrali porteranno il lavoro di approfondimento tutti insieme per creare una forma nuova. È il futuro».
Ma il teatro in tv fa ascolti bassi.
«Perché quando Piero Angela fa un programma su Caravaggio è seguito da 7 milioni di persone e invece alcune fiction si fermano a 2 milioni».
Anche Montalbano fa 7 milioni…
«Appunto! Montalbano è Camilleri. Un uomo di teatro. La cultura è popolare, è un dialogo con il pubblico altrimenti non c'è comunicazione. Omero, Dante scrivevano con il linguaggio del popolo. Il problema è stato identificare la parola Cultura con “materia per pochi eletti” e lasciar fuori il popolo per il quale la Cultura ha la funzione, il significato, di “crescita sociale”».
La Rai come ha risposto?
«Ho incontrato Salini. Il primo progetto è pronto, ora bisogna renderlo operativo ma non è facile in un momento in cui mancano i fondi, la raccolta pubblicitaria è scesa. Ma stiamo finalmente abbattendo quel muro che teneva separato il mondo teatrale, i suoi interpreti, i registi, gli scrittori dal mondo della televisione (e spero anche del cinema). Sabato su Rai 5 c’è Scene da un matrimonio. Anatomia della fine di un grande amore. È la dimostrazione di come un grande autore lavorasse per il pubblico. Scriveva “devo essere molto chiaro, devono capire ciò che dico”. E ne ha fatto una serie televisiva, un testo teatrale, un film».
Che cosa dire ai lavoratori del teatro in questo momento difficile?
«Bisogna essere presenti, stando in tv, nelle piazze, prepararsi a più eventi con meno pubblico. Invece di fare uno spettacolo per 600 persone, ne fai due per 200. E parte dell'incasso lo devolvi ai compagni che sono a casa. Dobbiamo fare della cultura il motore della società. Vorrei i teatri aperti al mattino e far lezione ai ragazzi in platea».
Ma il Teatro nelle piazze, no?
«Ci vorrebbe più elasticità nei permessi. Io il 15 avrei fatto un flashmob teatrale nelle piazze di Roma e mi sono dovuta fermare perché l’iter è lungo, ci sono dei problemi di sicurezza. Ve lo immaginate La scoperta dell’America di Pascarella a Testaccio, Trilussa a piazza Trilussa, io avrei detto Dante a Santa Maria Maggiore? I racconti sono del popolo e devono arrivare al pubblico aprendo i recinti di cinema, teatro, tv».
Ultimo aggiornamento: Sabato 13 Giugno 2020, 17:05
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