Monica Guerritore: «Il mio ritorno a Milano per i 100 anni di Strehler»

Guerritore al Manzoni con la pièce di Brecht nella lettura del suo mentore

Monica Guerritore: «Il mio ritorno a Milano per i 100 anni di Strehler»

di Ferruccio Gattuso

Guerritore, Strehler, Brecht: un incontro che ha una lunga storia e che rinasce, finalmente a Milano, sul palcoscenico del Teatro Manzoni. Fino al 7 novembre è infatti in scena “L’anima buona di Sezuan”, nella lettura storica di Giorgio Strehler. Dall’esordio nel 2019 a Spoleto – complice anche la pandemia – ne è passato di tempo ma oggi, nel foyer del Manzoni, Monica Guerritore può finalmente dire che «per me l’approdo a Milano è una realizzazione completa della dedizione che ho sempre avuto verso il Maestro. A solo 15 anni ero niente nelle mani di Strehler, nella messa in scena de Il Giardino dei Ciliegi, poi la vita professionale mi ha portato ad assorbire letteralmente il testo de L’anima buona. Portarla in città, nel centenario della nascita di Strehler, è qualcosa di immensamente gratificante per me»

 La versione scenica della piéce scritta da Bertolt Brecht è quella del fondatore del Piccolo, ma un lavoro di limatura è indubbio: lo spettacolo passa dalle quattro ore strehleriane alle due ore e mezza di questo allestimento, che però «mantiene l’impianto cinematografico di alcune scene, e soprattutto la poetica del Maestro.

I cambiamenti si devono all’inserimento di musiche diverse dalle originali di Paul Dessau, e a ragioni di diritti letterari». La storia resta quella fiaba sulla natura umana, sul confronto tra bontà e cattiveria, sul “doppio” causato negli uomini con la forza della necessità. Al centro della vicenda, la buona prostituta Shen te, attorniata da personaggi che accoglie nella propria baracchetta. Il suo patto con gli dèi è questo: aiutare il prossimo. La bontà, però, espone allo sfruttamento da parte degli scaltri: ecco perché Shen te dovrà travestirsi Shin ta, il Cugino cattivo.

«Lo sdoppiamento del bene e del male ci riguarda – spiega Guerritore – ma viene dal contesto. La necessità ci rende scaltri e cinici. Non serve spiegare quanto un testo come questo ci porti a riflettere sul periodo che abbiamo vissuto. C’è in giro una carica di rabbia, basti pensare sui social con gli haters, perché la gente vive male la frustrazione delle proprie ambizioni. Questa pandemia deve invece diventare un piedistallo da cui partire per un mondo nuovo. Un mondo di equità, se non di giustizia».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 5 Novembre 2021, 12:59
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