La Tovaglia di Trilussa, si torna nella Roma delle osterie con Ariele Vincenti. Al Teatro Vittoria dal 12 al 24 ottobre

La Tovaglia di Trilussa, si torna nella Roma delle osterie con Ariele Vincenti. Al Teatro Vittoria dal 12 al 24 ottobre

di Paolo Travisi

Ariele Vincenti è Remo, un immaginario custode dello Zoo di Roma, diventato amico di Trilussa, il noto poeta romano, durante le lunghe passeggiate in sua compagnia tra le gabbie degli animali. Con "La Tovaglia di Trilussa" si torna a teatro (al Teatro Vittoria dal 12 al 24 ottobre) in compagnia del grande poeta, che viene portato in scena da Vincenti, in età senile, un uomo ormai settantenne che decide d'invitare il suo amico, in un luogo tipico della romanità novecentesca, l'osteria. Tra bicchieri di vino e atmosfere perdute di un tempo, l'attore racconta l’avventurosa vita e la straordinaria poetica di Trilussa: dagli inizi nei Caffè Concerto, alle lunghe tournée in giro per l’Italia, in Europa e in Sud America. 

Ariele Vincenti, regista ed interprete di La Tovaglia di Trilussa. Come nasce l'idea per lo spettacolo?

Da un'idea di Simone Cristicchi, che poi ho costruito insieme a Manfredi Rutelli durante il primo lockdown, in cui ho studiato tutta la sua biografia e la sua poetica, oltre mille tra poesie, favole e sonetti. Un aneddoto mi colpì molto. Dopo la guerra, ormai vecchio  era povero, ma non ha mai rinunciato ad andare a mangiare nelle osterie. Non avendo soldi, dopo aver mangiato, scriveva una poesia su un pezzo di carta e la dava all'oste, lo pagava così. Da questa suggestione ho poi costruito tutto lo schema dello spettacolo.

Chi c'è in scena?

E' un monologo, un racconto che faccio insieme ad un musicista Pino Cangialosi. Il pretesto drammaturgico per raccontare Trilussa è una cena in osteria, tra mio nonno Remo, un personaggio immaginario ed il poeta. L'atmosfera è quella della Roma di una volta, negli anni Cinquanta, tra bicchieri di vino e sfilatino burri e alici. In questa cena si racconta la sua poetica, tra sonetti e poesie che recito in scena.

Quanto ha studiato Trilussa?

Tantissimo, perché ho grande rispetto per lui e nei confronti del personaggio in cui mi immedesimo completamente.

Il compito dell'artista è di saper tutto, attraverso uno studio fatto di mesi, anche per rispetto del pubblico che verrà a vedermi.

Qual è l'attualità di Trilussa oggi?

Leggendo le sue poesie trovo sempre attualità, perché lui tratta con ironia, sarcasmo e malinconia temi universali che riguardano tutti gli uomini. Molto spesso usando metafore, come gli animali, che rappresentano il rapporto tra il potente e morto di fame, per fare un esempio. L'aspetto interessante di Trilussa, era che lui era un grande intellettuale, in casa aveva 2500 libri eppure era un uomo del popolo, che stava in mezzo alla gente e frequentava anche osterie malfamate, quando poi il giorno successivo stava a pranzo con la Regina Margherita. Trilussa era stimato da tutti gli intellettuali dell'epoca, Pascoli, D'annunzio, Pirandello, Eduardo De Filippo, Elsa Morante.

Tornare a teatro in autunno dopo mesi di lockdown?

Io ho lavorato anche nei mesi estivi all'aperto e durante la chiusura mi sono documentato su Trilussa, ma è chiaro che ricominciare in teatro è molto emozionante. Spero che il lockdown ci abbia insegnato, a noi artisti, di stare uniti.

Trilussa, poeta romano, ma non solo?

E' stato uno dei pochi poeti che è riuscito a vivere solo delle sue poesie in un momento in cui l'Italia aveva un tasso d'analfabetismo del 75%. E' stato uno dei primi a fare tour all'estero, recitava in italiano, nessuna capiva niente eppure ridevano lo stesso. Le sue poesie sono state tradotte in spagnolo, francese ed inglese. Credo che sia stato sottovalutato, invece era un'anima profonda che a Roma lanciava le mode. Se indossava una cravatta il giorno dopo la portavano tutti.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 6 Ottobre 2021, 11:14
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