Enrico Montesano: «E adesso ho voglia di dire quello che penso davvero». Dal 26 dicembre al Tirso di Roma con “Un monologo fuori dal coro”

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di Stefania Cigarini
Più di cinquant’anni di carriera eclettica e di successo e la voglia di mettersi ancora in gioco o, come dice lui, “di tornare alle origini”. Enrico Montesano sarà al teatro romano Tirso de Molina dal 26 dicembre in “Monologo non autorizzato”: «Uno spettacolo dove voglio dire quello che penso, cantare fuori dal coro».
 
 


La ragione?
«Un’esigenza civile e una motivazione personale. Per prima cosa non amo, né ho mai amato il pensiero conforme, unico, quello così politicamente corretto da essere stucchevole quando non ipocrita. Poi perché devo allenarmi, sono un atleta del teatro, non posso stare fermo». 

Fermo si fa per dire, è reduce da una serie di grandi commedie come Rugantino, il Marchese del Grillo, il Conte Tacchia.
«E per questo avevo necessità di tornare a stretto contatto con il pubblico».

Letteralmente, il Tirso ha 250 posti.
«Come alle origini, quelli della prima fila li vedi in faccia. Ed io, in questo spettacolo, da solo sul palco, li chiamo in causa, li faccio lavorare».

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«Non conosco i contorni della vicenda, ma so che Luca può avere un brutto carattere, perché ha carattere, non è uno yes man, e questo complica le cose nella gestione di un teatro o di una compagnia»

Ne sa qualcosa?
«Ho portato in tournée italiana il Conte Tacchia, ho assunto trenta attori e le maestranze. La tournée è stata un successo. Io, pagate le tasse e le imposte, sono andato in pari, non ci ho guadagnato nulla».

E le sovvenzioni dello Stato?
«Non le ho avute, il paradosso è che se sei in grado di pagare trenta attori significa che ne hai i mezzi e non ti danno sovvenzioni».

E i finanziamenti pubblici previsti a bilancio dello Stato?
«Sono contrario, se non per realtà di formazione o scuole. Quel che serve è la defiscalizzazione degli oneri sociali. E, se sei bravo, ti mantieni da solo»

Nel monologo parlerà di temi d’attualità. Gliene dico uno: fallimento della conferenza sul clima.
«Per forza, e chi glielo va a raccontare ai Paesi in via di sviluppo che non possono fare quello che la vecchia Europa ha fatto dall’Ottocento per garantirsi questo benessere?».

Greta?
«Intento ammirevole, ma è diventata una specie di moda. Molto folkloristica, ma purtroppo poco efficace nei fatti».

Idea?
«Cominciamo da Roma, e facciamo meno monnezza, cominciamo da noi cittadini, dalla cicca buttata per terra, per finire ai consumatori che dovrebbero prendersi più responsabilità».

Roma?
«Il sindaco Vetere che m’ha sposato nel ‘94, già era dispiaciuto di non avere i soldi per asfaltare le strade, ora dopo 40 anni e dopo aver dato il mio iniziale sostegno alla Raggi, vorrei vedere qualche risultato. Fosse anche che, a riparare le scale mobili, ce vai con il tuo fabbro, ma le devi riparare».

Milano?
«Più austroungarica, più pulita, più tutto, rispetto a Roma. C’è pure da dire che è grande come una nostra circoscrizione. Epperò ci dovremmo chiedere perché non abbiamo manco una circoscrizione pulita».

Alla Raggi l’ha detto?
«Un giorno le parlai di Tasi, il tributo per i servizi indivisibili. Bhe, dividiamoli, ‘sti servizi, e paghiamo solo quelli che ci date». 

Risposta?
«Un sorriso».

Sardine?
«Quando le persone si mobilitano così è bello, importante, mi piace, ma non diciamoci che è un movimento apolitico o non organizzato».

Il #metoo?
«Positivo nel complesso, ma spesso scivolato nell’esagerazione. Episodi di sopraffazione o violenza sono sempre esistiti in ogni campo del lavoro. Chi non accetta, purtroppo, subisce discriminazioni di carriera o altro. È sempre stato così, brutale, ma vero».

Nel mondo dello spettacolo è impossibile emergere senza compromessi?
«Se sei molto bravo o brava sì, e se lo sei, si vede subito. Inizi a far fare soldi e difficilmente vieni ricattato».

Il suo rapporto con i social?
«Sono mediocremente social, quando serve e quando posso avere un contatto anche virtuale, ma costruttivo. Sennò leggo libri»

Tipo?
«Ne leggo diversi insieme. Al momento, le Metamorfosi di Ovidio, Ladri di democrazia di Palma e Becchi, consiglio anche i libri di Garattieri e Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’italiani di Leopardi, ancora molto attuale».

Calcio
«Laziale da 53 anni, cosa posso dire di più».

Calcio femminile
«Mi piace, mi diverte, faccio il tifo per le Azzurre. Stesse regole, ritmi diversi, ma non così diversi dal gioco di Gigi Riva o Omar Sivori, che andava al trotto».

Cosa le manca nel curriculum?
«Un dramma, ho già scritto la commedia musicale C’è qualcosa in te, omaggio al teatro di Garinei e Giovannini. Ora che sono nella terza età vorrei scrivere un dramma. Mi ha ispirato lo scrittore olandese Hendrik Groen, di Fin qui tutto bene».

Figli d’arte. 
«Due, Marco Valerio, diplomato all’Accademia e Michele Enrico che ha scoperto la vena artistica dopo la laurea e ora sta affrontando l’Accademia
Ultimo aggiornamento: Martedì 17 Dicembre 2019, 09:25
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