Il regista Michieletto: «Rigoletto, video e malavita l’Opera va al Massimo»

Il regista Michieletto: «Rigoletto, video e malavita l’Opera va al Massimo»

di Simona Antonucci
L’educazione sentimentale di Gilda, dal Tempo delle Mele a Thelma e Louise, in un clan di malavitosi alla corte del Duca di Mantova. Rigoletto sbarca negli anni Ottanta e monta giostre, roulotte e un garage di automobili da gangster nel cuore del Circo Massimo.
 
 


E tra Verdi e il Joker di Joaquin Phoenix, su un palco kolossal, incorniciato da uno schermo che ingigantisce l’inconscio, lo sciagurato giullare canta la ripartenza della lirica italiana. Alla presenza del Capo dello Stato Mattarella, il presidente del Senato Casellati e della Camera Fico, i ministri Franceschini e Spadafora, il presidente della Regione Lazio Zingaretti, la sindaca di Roma Raggi, gli ambasciatori degli Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna, Inghilterra, e di 1.400 spettatori, debutta il 16 (con diretta su Rai5, repliche, il 18 e il 20) la produzione dell’Opera di Roma, la prima, in Italia, e in Europa, che trasforma le normative sul distanziamento in un’operazione artistica a “lungo respiro”.

«Il cast prende possesso di 1.500 metri quadrati di ribalta e viene “spiato” da tre steadycam che zoomano in diretta i momenti salienti», spiega Damiano Michieletto, 45 anni, star mondiale della regia lirica, «e ad aggiungere letture inedite, 19 video girati a Cinecittà, ma anche ad Anzio, con Gilda bambina, tra le onde che la porteranno via nella scena finale».

Un intreccio di linguaggi per un evento che Indigo Film in collaborazione con il Costanzi ha deciso di immortalare in un documentario affidato a Enrico Parenti. Il maestro Daniele Gatti, direttore musicale del Teatro, Maestro di un indimenticabile Rigoletto per l'inaugurazione del Costanzi nel 2018, sarà alla guida di un’orchestra dilatata in una maxi buca e dei cantanti Roberto Frontali, già interprete toccante proprio con Gatti, Rosa Feola (Gilda) e Iván Ayón Rivas (Duca di Mantova).

Protagonisti senza mascherina, ma “privi di tatto”, che infiammano di dramma ed eros la storia di un padre, vedovo, che perde la sua amata figlia Gilda. «E partecipano all’avventura entusiasmante», aggiunge Michieletto, «di uno spettacolo, un Rigoletto on the road, che riaccende la vita “dal vivo”».

Maxi produzione, norme Covid, per una storia con risvolti psicoanalitici. Come ricuce tutto?
«Il pubblico non si accorgerà del distanziamento. Perché in uno spazio così imponente prendere le distanze diventa naturale. Ci penseranno i video a restituire la dimensione più intima della storia. Le steadycam riprendono dettagli dello spettacolo che scorre sul palco. E con un montaggio in diretta, i video raccontano quello che succede altrove. Dei piani visionari per rendere fruibile la narrazione e amplificare l’impatto realistico».

Gilda al mare che cosa aggiunge?
«Rigoletto non racconta quasi nulla della moglie scomparsa. E quando pronuncia le poche parole sul suo “perduto bene”, viene proiettato un filmino amatoriale, come quelli girati dai papà in Super 8, con Gilda bambina con la mamma che non conosce. Un’emozione che dà peso al dramma. Così come la scena in cui Gilda disubbidisce al padre e non scappa a Verona. Un momento cruciale in cui lei prende in mano la sua vita: non fugge e prova a cambiare la storia. Gilda non muore come un agnello sacrificale. L’adolescente diventa una donna che combatte per il suo amore e si presenta al destino con la pistola in mano».

Rigoletto, un buffone di corte, oggi chi è?
«Uno sfigato, deforme, con una macchia scura sul volto, uno che lecca la mano al capo di un giro criminale, contaminato di edonismo anni Ottanta. Nulla a che vedere con la politica. Un ambiente nomade, tra giostrai e contrabbandieri d’oro. Viene deriso perché è un vile».

La maledizione: come si rende credibile?
«Monterone è il doppio di Rigoletto. Anche lui ha una figlia abusata, è un padre che reclama l’onore. In questo spettacolo, Monterone non finisce in galera, ma muore. E diventa il fantasma di Amleto. Sono dei fiori a legare i due uomini. Quelli che Monterone porta a sua figlia, diventano la tomba di Gilda».

L’attrazione tra il Duca e Gilda e l’incontro erotico tra il Duca e Maddalena: senza neanche un bacio?
«Maddalena si prostituisce in una roulotte. Suo fratello Sparafucile è un killer e il suo pappone. Un video entra lì dentro e racconta questi momenti pulp. L’amore di Gilda è più puro: in discoteca con i palloncini c’è la sua ingenuità».

Lei utilizza più linguaggi: un’eredità del periodo Covid, quando l’online era l’unico palcoscenico?
«No. L’uso dei video è l’amplificazione del mio cammino. Ma la quarantena ha abbattuto molte barriere».

Che relazione c’è tra lo spettacolo e il documentario?
«Una collaborazione inedita.
Tra una casa di produzione cinematografica, la Indigo, e il mondo dell’Opera, per raccontare la nascita di una produzione in questo periodo storico. Non un progetto adattato, ma uno spettacolo live, all’aperto, che non rinuncia». 









 
 

Ultimo aggiornamento: Domenica 12 Luglio 2020, 17:25
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