Concita De Gregorio: «La mia Medea al contrario»
di Stefania Cigarini
«Della vicenda di cronaca, incredibilmente, non sapevo nulla, all'epoca ero all'estero» spiega la De Gregorio. «Irina è arrivata a casa mia tramite una conoscenza comune, quando ho capito davvero cosa mi stava raccontando, l'incontro, da un'ora, è diventato il soggiorno di una settimana». Per Irina, Concita è una terapia, tra le tante sperimentate per capire o superare quel dolore indicibile, e diventa una cura: «Mi ha chiesto di indagare sull'angolo cieco delle cose, ovvero sulla domanda ossessiva come ho fatto a non accorgermi che mio marito avrebbe potuto fare quel che ha fatto».
Un tentativo riuscito: «La parola guarisce, ci definisce come esseri umani; ha permesso a lei di dare una forma al suo lutto in assenza di corpi». Lo spettacolo: «È una grande storia di amore e di speranza che si dipana sulla vita di Irina dopo i lutti. Lei che si riappropria di sé, cambia paese, lavoro, si innamora di nuovo. E la sua vita ricomincia. Senza dimenticare».
Per descriverla, De Gregorio prende in prestito le parole del regista: «Irina è una Medea al contrario, perché in questa tragedia è Giasone che fa scomparire le figlie, nega alla madre la catarsi del lutto costringendola ad una attesa senza fine».
Un inferno mancato: «Irina ha assistito, non vista dal pubblico, alle prove dello spettacolo. Non dimentica, ma sempre più spesso lascia emergere la sua indole naturale, di donna allegra».
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Ultimo aggiornamento: Martedì 8 Maggio 2018, 12:11
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