Carla Fracci, addio alla regina della danza. La tranvierina che diventò étoile immortale, oggi la camera ardente

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di Rita Vecchio

In punta di piedi. Come la sua vita. Carla Fracci si è spenta ieri, a 84 anni. L’ultimo passo di danza nella sua casa di Milano, al primo piano di un luminoso appartamento di Brera. Attorno a lei, l’abbraccio del marito, il maestro Beppe Menegatti, «un fiorentino belloccio, compagno d’arte e di vita» sposato il 7 ottobre 1964, del figlio Francesco e della signorina Luisa Graziadei, «angelo custode che mi ha aiutato a essere una discreta mamma». In quelle stanze (oggi il feretro sarà portato nel foyer del Teatro alla Scala per la camera ardente aperta dalle 12 alle 18), tra foto e cimeli di settant’anni di carriera, una teca - in bella vista - con la scarpina usata di quando stava sulle punte. La danzatrice di bianco vestita, ha interpretato più di duecento personaggi, calcando i palcoscenici di tutto il mondo. Disciplina, costanza, umiltà e «soprattutto rispetto». Perché solo la tecnica, diceva, non fa una grande ballerina: «Cosa sarei in scena se nella vita non vivessi?». Come Giselle e la Sylphide.

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Era nata a Milano il 20 agosto 1936, figlia di un tranviere (ecco perché l’appellativo di “tranvierina”) e di un’operaia. Un’adolescenza vissuta nella campagna cremonese: si definiva una “contadinella ingenua” che si divertiva “a fare da guardiana alle oche”. Lontana parente di Verdi (per via delle prime nozze del nonno), ispirò La danzatrice stanca di Montale, i «versi bellissimi» della Merini, fu “il primo amore” per Giorgio Armani, “You are wonderful” per Charlie Chaplin. Entra in Scala con la Fonteyn, ai tempi di de Sabata e Ghiringhelli (che fu poi il suo testimone di nozze). La sua prima volta al Piermarini (con cui negli ultimi anni avrà dissidi placati con il suo ritorno qualche mese fa nella masterclass di Giselle) nel 1955 in La sonnambula di Bellini con la Callas per la regia di Visconti e la direzione di Bernstein e nel Passo d’addio delle allieve della Scuola di ballo. Tra il pubblico Montale, Walter Chiari, Lucia Bosè, Arturo Toscanini. Da lì, l’ascesa. La matinée con Balanchine, il Turco in Italia con Zeffirelli, La Strada di Fellini su musica di Nino Rota, al Teatro Tenda con Eduardo De Filippo, i duetti con Nureyev e Bruhn, in compagnia delle gemelle Kessler, di Mina, Wanda Osiris nella “Serata d’onore” di Pippo Baudo, al Covent Garden di Londra con la Regina Elisabetta, Broadway, L’American Ballet Theatre, la Cenerentola di Prokof’ev, «interpretata come fosse la mia vita». Carolina Fracci, chiamata Carla, detta “sisarì”, “piccolo cece”, dal carattere impaziente, diventa “la prima ballerina assoluta”, scriverà il New York Times. «Fate come Fracci - diceva la direttrice scaligera Bulnes - I commenti inutili le entrano da un orecchio e le escono dall’altro.

Lei sa sempre arrivare all’obiettivo”. E forse, lassù c’è chi ieri l’ha accolta come nella vita: «Ehi, Tranvierina, alla tua salute». E giù il sipario. Tra le nuvole. Bianche.


Ultimo aggiornamento: Sabato 29 Maggio 2021, 13:59
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