Da sex symbol a persone comuni,
i divi e la quotidianità degli spot
di Valeria Arnaldi
Il trend c'è e si vede. In alcuni casi, vien da dire purtroppo. Sì, perché se alcuni tormentoni funzionano, come il “what else?” Nespresso di un ironico George Clooney cui tutte incredibilmente sembrano preferire una tazzina di caffè, altri si candidano a diventare veri “tormenti”, specie sul web dove, tra parodie e commenti puntuti, i social non perdonano.
L'ironia c'è ma a volte rimane a livello di intenzione. Da Julia Roberts per la Lavazza a Dustin Hoffman per Caffè Vergnano, Da Sharon Stone per Banca121 a Richard Gere per Lancia, fino a John Travolta per TelecomItalia, la filosofia è portare il divo nella nostra quotidianità, anche banale, togliendo la distanza – e spesso la magia - del grande schermo. Quando poi si ci sono dei sex symbol, l'operazione ha il sapore di una sorta di rivincita, per stemperare i falsi miti dell'immaginario sentimental-erotico. Quasi a dire: guarda meglio, il seduttore che fa piangere in sala oggi fa gli occhi dolci a una gallina – puntuta metafora? - e la danza del ventre che fa sognare ogni uomo rimanda ad appuntamenti “regolari” che nulla hanno di romantico o sensuale.
Se i fan davanti alla tv a volte rimangono perplessi, i divi invece sembrano prenderci gusto. Costner era già stato testimonial Valleverde, Clooney di Martini e Fastweb. In spot pure Catherine Zeta-Jones, John Malkovich, Matt Damon. Grandi divi per piccoli sogni. O, a seconda della riuscita, incubi. E adesso, la pubblicità.
Ultimo aggiornamento: Martedì 13 Maggio 2014, 10:20
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