Gomorra 5, la resa dei conti: l'ultimo atto su Sky da venerdì. «Abbiamo dato e preso tutto»

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Paolo Travisi
ROMA - Due amici fraterni costretti all'odio dalla camorra. Genny Savastano, figlio del boss di Secondigliano e Ciro, figlio di nessuno ma scampato più volte alla morte, devono chiudere il loro rapporto. Giustificare il legame di due amici, con il male e la devastazione sono le sole alternative, nel mondo senza speranza raccontato da Roberto Saviano in Gomorra che in questa quinta stagione chiude la sua epopea con dieci episodi diretti da Claudio Cupellini e Marco D'Amore, su Sky e Now dal 19 novembre. «Sono in pace rispetto al finale, non sento malinconia e tristezza, perché umanamente ho dato tutto a Gomorra e ho preso a piene mani da un'esperienza clamorosa e dai rapporti che trascinerò anche fuori dal set», spiega D'Amore.
Sulla stessa linea Salvatore Esposito, che dal lavoro in un fast food mentre studiava recitazione prima della serie, è approdato a Gomorra, a cui è seguito un successo che lo ha portato anche in America nella serie ispirata dai fratelli Coen, Fargo. «Non mi sarei aspettato, neanche nei sogni più belli, quello che poi ho ricevuto, ora sono curioso di sapere cosa mi riserverà il futuro. Gomorra è stata un'esperienza che ci rende orgogliosi quando andiamo all'estero, produttori e registi ammirano il nostro lavoro».
Nonostante il successo, la decisione concorde di chiudere il cerchio perché «sarebbe stata una ripetizione stanca, l'epopea Gomorra aveva fatto il suo percorso», sottolinea il regista Cupellini. Nella stagione finale, oltre all'eterno scontro tra i clan si consuma quello tra i due amici, vero perno di tutta la serie. «L'amore, l'odio, la fratellanza, si trasformano in sentimenti gomorriani, perché tutto quello che li attraversa è falsato. Ciro e Genny in un'altra situazione sarebbero stati i migliori amici, ma qui raccontiamo un mondo altro che esula dalle leggi naturali», spiega Esposito.
Sulla serie, in passato, sono piovute critiche per una rappresentazione negativa di Napoli. «Basterebbe guardare i videogame con cui giocano i ragazzi che raccontano futuri distopici in cui devono ammazzare, rubare e stuprare... Sono critiche che non sono nate dallo studio del territorio», risponde D'Amore. «In tanti hanno usato quelle polemiche per farsi pubblicità nelle campagne elettorali e poi ci chiedevano le foto - ammette Esposito - forse Gomorra ha mostrato anche le incapacità della politica?».
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Ultimo aggiornamento: Martedì 16 Novembre 2021, 10:03
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