Sanremo 2023, Sethu: «Dal punk al rap, il mio genere fluido dalla cameretta al Festival e mio fratello che mi fa da produttore»

Sanremo 2023, Sethu: «Dal punk al rap, il mio genere fluido dalla cameretta al festival e mio fratello che mi fa da produttore»

di Totò Rizzo

Un po’ dark e un po’ punk, un po’ pop e un po’ elettronica ’80, certo è che la musica di Sethu – uno dei sei “cuccioli” di questo Sanremo, al secolo Marco De Lauri – “tira” che è un piacere. Anche “Cause perse” – la canzone in gara – sembra promettere bene, lui è caricato mille, sul palco è molto fisico, perfino gli archi che il direttore d’orchestra Enrico Melozzi ha inserito dentro il pezzo lo gasano moltissimo (a Sanremo, quando l’orchestra si diverte, si sa, è sempre buon segno). Savonese (un festival quasi a km. 0 praticamente), 25 anni, prodotto dal fratello gemello, Jiz, inseparabili, dalla cameretta allo studio di registrazione, tutto in famiglia che è cosa che lo conforta parecchio.

Fare musica “in casa” è una garanzia?

«Siamo sulla stessa onda, ci capiamo al volo. Far musica è bello ma è un’esperienza intensa, emotivamente forte. Avere a fianco qualcuno con il quale sei in sintonia da quando sei nato e ragionarci su non è un vantaggio da poco».

Difficile credere che non litighiate mai: di solito l’artista sogna l’impossibile, il produttore è più pragmatico, lo riporta coi piedi per terra.

«È ovvio, si parla, si discute. Lui cura la dimensione sonora di quello che penso, il risultato finale, quel che esce fuori. Ma sono io che ci metto la faccia. Lui fa un po’ più i fatti».

«Cause perse» sembra autobiografica.

«In parte lo è e anche qui c’entra lui, mio fratello. Quante volte ci si scoraggia, non ci si sente capiti, hai l’impressione di essere fuori contesto, ci si dice “siamo due cause perse” ma poi si ritrova fiducia in se stessi.

Alla fine, c’è una botta d’ottimismo, via».

È un po’ un manifesto della generazione Z.

«Manifesto magari è una parola grossa però penso che quelli della nostra età si possano riconoscere: sembriamo fragili, spesso apatici o distruttivi ma sappiamo anche riflettere, essere propositivi. Non stiamo crescendo in un bel periodo storico, questo bisogna riconoscercelo, l’ansia del futuro ci attanaglia un po’ tutti. Sono contento però di portare qui un messaggio che è anche positivo».

Le influenze musicali sono diverse.

«Anche questa è una cosa che accomuna quelli della mia età. Ci credono solo figli del rap, della trap. E invece, nel mio piccolo ad esempio, sono affascinato dal punk, mi piace cantare sulle melodia, oltre a rappare con piacere: una miscela dalla quale poi sbuca fuori la vera anima di Marco/Sethu».

Stesso genere fluido per la serata delle cover?

«Certamente, con sette ragazzi toscani, i Bnkr44, carichi quanto me».

Il festival che esperienza è?

«Un vortice, uno stress, salirò su quel palco emozionato. Però cerco di vivermela anche bene».

Che si aspetta dal festival?

«Resto umile, come si scrive sui social. Comunque, sono consapevole di questa enorme opportunità ma non vorrei fare troppi programmi per non restare deluso. Ogni cosa che arriverà sarà la benvenuta».

Quantomeno si moltiplicheranno i live…

«Ah, quelli sì, ci spero proprio. Stiamo mettendo su un po’ di date. Non  vedo l’ora di andare in giro con la band al completo».


Ultimo aggiornamento: Martedì 31 Gennaio 2023, 10:22
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