Sanremo 2023, Olly: «Io al festival tra Genova, i cantautori, il rap e mio nonno che giocava a carte con Luigi Tenco»

Sanremo 2023, Olly: «Io al festival tra Genova, i cantautori, il rap e mio nonno che giocava a carte con Luigi Tenco»

di Totò Rizzo

Narrano le cronache familiari che suo nonno giocasse a carte con Luigi Tenco. «Me lo racconta mia mamma: lei, bambina, se ne stava sotto il tavolo con le sue bambole». Oppure scambiavano quattro chiacchiere al bar all’angolo sotto casa. Federico Oliveri, 21 anni, è con fierezza un “focino”, genovese della Foce, quartiere d’artisti, un tempo. E con questa stessa fierezza si presenta all’Ariston con “Polvere” (che dal 10 febbraio verrà inserita nel repack dell’ep “Gira il mondo gira”).

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Partiamo dalle origini, ovvero se tira ancora l’aria della vecchia scuola, da quelle parti.

«L’aria magari no ma la memoria è radicata. So già che adesso mi chiederà se qualcuno di quei grandi mi ha influenzato ma come si fa a scegliere tra De Andrè, Tenco, Paoli, Lauzi? Ognuno ci ha regalato un tesoro».

Facciamo un salto di 60 anni e arriviamo a Sanremo 2023. Come si sta preparando?

«Psicologicamente grazie ai miei amici che sento ogni giorno a telefono e mi fanno da mental coach. Fisicamente sono out con gli allenamenti ma le prove in teatro sono belle toste anche da quel punto di vista. E poi, nonostante sia pigro, la mia musica me la canto e me la ballo pure davanti allo specchio».

Dice di sé: ho una doppia anima, una riflessiva e l’altra dinamica. In che rapporti sono?

«Si stanno simpatiche anche se non se lo dicono. La prima si fa viva soprattutto a casa, a Genova, il posto per pensare, creare; l’altra si scatena a Milano, la città che mi ha adottato professionalmente, quella del planning, del lavoro».

Si riflettono sulla sua cifra artistica: da un lato cassa dritta, dall’altro vena cantautorale.

«Lì trovano un punto d’incontro.

Ma non mi piace dare etichette alla mia musica».

Viene dall’hip-hop, comunque, dal rap.

«Se proprio dovessi definirmi, sarei free styling: la matrice è certamente rap, la scrittura no, a volte è proprio da tavolino, la costruzione, i versi… da cantautore. Poi si incrociano, parole e musica, magari sulla strada del pop».

Che cosa porta dei suoi vent’anni e di quelli dei suoi coetanei nelle canzoni?

«Io spero l’energia. D’altronde si possono cantare con un sorriso anche i momenti in cui ci prende male, la tristezza che uno ha dentro. Vorrei che l’impatto fosse di curiosità perché credo di portare qualcosa di diverso rispetto agli altri. Mi sento a mio agio nel contrasto. Lo so che è un rischio ma senza rischio che piacere c’è?».

Come quelli della sua generazione arriva dal black-out della pandemia ai riflettori abbaglianti del festival, dall’oscurità alla luce.

«Non temo la sovraesposizione. Ci siamo visti attraverso gli schermi di un pc o di uno smartphone per due anni, adesso attraverserò un altro schermo, quello della tv. Certo, stavolta la platea sarà enorme. Per quello che riguarda il festival, sono già costretto a una socialità forzatamente esagerata: il tempo del lockdown mi aveva un po’ viziato perché sono uno che quando si chiude a riccio ci rimane volentieri».

Chi vuole caricare sulla sua arca, da Sanremo, insieme a chi è già un suo fan?

«Non mi interessa avere un “pubblico X”. Lasciando perdere anche l’anagrafe, spero di arrivare al ragazzo delle medie come allo studente dell’università o all’operaio o alla persona matura, a quelli che nella vita si fanno comunque una domanda in più piuttosto che una in meno. Faccio musica per tutti».

Domanda di rito: del cast di questo festival, con chi vorrebbe cantare?

«Giorgia, la più bella voce che abbiamo in giro. Ma anche Tananai, il più genuino fra tutti, o Lazza».

Dicono che la Cuccarini sarà la sua partner nella serata delle cover. Conferma?

«Dicono che la cover che ho scelto ha un titolo di tre parole. Confermo solo questo».


Ultimo aggiornamento: Martedì 31 Gennaio 2023, 10:22
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