Sanremo 2023, Leo Gassman: «Torno al Festival più consapevole, adesso so davvero cosa voglio dalla mia musica»

Leo Gassman: «Torno a Sanremo più consapevole, adesso so davvero cosa voglio dalla mia musica»

di Totò Rizzo

Eravamo rimasti ad un giovane artista che tre anni fa vinse la sezione Nuove Proposte del Festival di Sanremo: applausi, trofeo, belle speranze e, pochi giorni dopo, tutto d’un tratto, clic, buio, il mondo si ferma, espone il cartello “chiuso per Covid”. Leo Gassman – che quel 7 febbraio 2020 alzò in alto la statuetta con il leone rampante sulla palma dopo aver cantato la sua “Vai bene così” – torna di nuovo in gara sul palco dell’Ariston il 7 febbraio 2023 con la sua nuova canzone, “Terzo cuore”.

 

Toccare il cielo con un dito e poi… cosa ha significato?

«Da quel guaio planetario ho ricavato un’opportunità di crescita. Intanto mi sono laureato, poi ho cercato di capire bene cosa volessi davvero da questo mestiere, messo a fuoco i miei obiettivi, guardato in faccia i miei limiti e superato alcuni. E il risultato è questo nuovo album che esce il 24 febbraio».

Entrato nella storia del festival come l’ultimo vincitore delle Nuove Proposte. Adesso lo start vede tutti sulla stessa linea di partenza.

«Fa parte della rivoluzione di Amadeus. Credo sia giusto dare questa occasione ad artisti che, seppur giovani, hanno già dimostrato di valere qualcosa, metterli alla pari coi “veterani”. E penso proprio che Amadeus vincerà anche questa sfida».

“Terzo cuore”: due non sono già un bel casino?

«In realtà il terzo cuore – una metafora che amo molto – è quello delle persone speciali in cui abbiamo la fortuna di imbatterci. Per me, ad esempio, i miei genitori, il mio professore di filosofia, per ultimo Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari con il quale ho scritto la canzone. Spero che molti possano rispecchiarvisi, riflettere su quanto a volte si è fortunati ad incontrare terzi cuori, sorriderne anche».

“La strada per Agartha” è il titolo del nuovo album. Una terra immaginaria. Cos’è che non le piace in questa?

«Potrei dirle la guerra, gli effetti del cambiamento climatico, il razzismo, l’ingiustizia. In generale, la mancanza di un equilibrio. Non dispero però, credo che si possa lavorare per consegnare un pianeta migliore alle nuove generazioni».

Cosa ci fa nel disco un rocker ultrasettantenne come Edoardo Bennato con un cantautore ultratrentenne come lei?

«Ci siamo incontrati per caso in una serata in cui suonavamo entrambi. È nata una bella amicizia, maturata davanti a tanti caffè e alle nostre chitarre. Siamo simili per certi aspetti: ci piace collaborare sul lavoro con gli amici, affrontare con la musica i temi sociali che ci stanno a cuore, insomma una bella sintonia.

Un terzo cuore profondo e dolce, Edoardo».

Che si porterà sul palco nella serata delle cover.

«Non lo so. Chissà».

Nell’album c’è anche un omaggio a Dalla in “Caro Lucio”.

“Lucio è un artista che ha formato più generazioni con le sue canzoni. Assieme a Battisti e Fossati è stato fondamentale per un cantautore della mia età. Quando ho dei momenti “no” mi chiudo per pudore in me stesso, tendo ad isolarmi e la prima cosa che faccio è mettere su un disco di Dalla. Ho pensato: nessuno ha risposto alla lettera che lui ha scritto in fondo a noi tutti ne “L’anno che verrà”. Io ci ho provato con questa canzone, nata “di pancia”».

L’album è molto vario musicalmente: c’è il brano cantautorale, la melodia più intimista, c’è il pop rockeggiante, quello che strizza l’occhio al sound anni ’80/’90. Questa trasversalità è una scelta discografica o la voglia di fare un viaggio sonoro?

«No, nessun calcolo discografico, nessuna strategia di classifica o di uscita dei vari singoli per le radio. Ho voluto solo cercare la bellezza della musica, secondo l’estro del momento. È un disco pensato, sì, ma senza star lì a computare».

Tre anni fa Leo si presentò sul palco di Sanremo un po’ low profile, understatement. Fatte salve le buone maniere del bravo ragazzo che è rimasto, è cambiato il suo atteggiamento nei confronti del mondo, dell’ambiente della musica, dello stesso festival?

«Forse mi difendo un po’ meglio ma lo spirito competitivo comunque non fa per me. La gara d’altronde è più un fatto televisivo, per il resto a Sanremo quella che vince veramente è la musica».

Dopo la vittoria del 2020, il “tutti a casa” le impedì di esibirsi live. Adesso, dopo il festival?

«Non vedo l’ora di suonare dal vivo».

Club, teatri o palasport?  Tra la gente, dove sta più a suo agio Leo Gassman con la sua musica?

«Non le nascondo che i club sono il posto ideale, c’è maggiore contatto, più intimità nell’ascolto, si fa gruppo. Però le confesso che un tour acustico nei teatri mi piacerebbe tanto, ma proprio un sacco».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 27 Gennaio 2023, 15:47
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