Sanremo 2021, Willie Peyote: «Il mio rap allucinogeno contro il paese delle musichette»

Sanremo 2021, Willie Peyote: «Il mio rap allucinogeno contro il paese delle musichette»

di Rita Vecchio

Twerk, rapper, hype, politica. E chi più polemica vuole scatenare, scateni. Willie Peyote, in “Mai dire mai (la locura)” - brano che porta al suo primo Sanremo - ironizza su tutto, pure sul Festival. Ma soprattutto su stesso. All’anagrafe Guglielmo Bruno, dagli esordi a Educazione Sabaudia, fino ad arrivare al singolo “La depressione è un periodo dell’anno”, è l’artista mix di idee e generi, dal “rock all’hip pop”, che presenta all’Ariston una delle canzoni più interessanti della kermesse. 


Presentiamoci: chi è Willie Peyote?
«Un nichilista, torinese e disoccupato. Perché dire cantautore significherebbe dire festa dell’Unità. E dire rapper farebbe subito bimbominchia. Sono tutto e nulla. Come Cyrano de Bergerac». 

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Peyote è il nome di una pianta allucinogena. 
«Di allucinogeno qui io ho solo la canzone». 


Un po’ di “locura”, insomma. In parole semplici, un po’ di follia. 
«Una bella citazione del film Boris ci stava, no? É l’episodio del dialogo con il regista René (Francesco Pannofino, ndr) in cui lo sceneggiatore spiega cosa è la locura. Volevo un brano diverso per Sanremo, pieno di ironia, satira, fuori dagli schemi. Non volevo fare il “professorone”, l’intellettuale di turno». 

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Ma ha scatenato una serie di tweet contro…
«Perché siamo più attenti alla forma che al contenuto.

Che poi, è il significato vero della canzone. C’è stata una scarsa comprensione del significato. Il pezzo va in “cassa dritta” e un ritornello pop all’insegna della leggerezza fondamentale in questo momento storico. Prendo in giro me stesso, prima di tutto». 


Un paese di musichette… 
«Se qualcuno ci legge il riferimento al Festival, è vero. È un brano sfida. E se la direzione artistica ha preso il brano nonostante questo, significa che ha autoironia». 


Ironia e satira, insomma. 
«Dalla musica fatta di numeri, teatri che non riaprono, stadi chiusi al pubblico, del Sanremo dell’anno scorso dal caso Bugo-Morgan al twerkare della Lamborghini, diventato quasi simbolo contro il patriarcato e per la parità di genere (siamo sicuri che abbia significato quello?). Ed ecco i social scatenati: a loro scrivere, io non avendo l’utero non posso fare domande. E poi non è piaciuto il riferimento a Tik Tok, ad Achille Lauro… Insomma, se te la prendi con Salvini o con Berlusconi, fai ridere. E nessuno dice nulla. Sono affascinato dalla stand up comedy americana, da South Park e dalla satira che prende in giro. A stare dalla parte del giusto, siamo tutti bravi». 


Come se lo aspetta il Festival?
«Come un circo. Come un rito pagano che mi crea emozione. E cantare nella serata cover Giudizi Universali con Samuele Bersani, è riuscire a essermi fatto un regalo». 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 25 Febbraio 2021, 14:36
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