Aiello a Sanremo 2021 con “Ora”: «Questa canzone mi è... costata»

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di Totò Rizzo

Dieci anni fa provò ad entrare a Sanremo Giovani. Era il 2011, uno dei festival di Gianni Morandi. Missione fallita. Dieci anni dopo, Aiello, al secolo Antonio Aiello, cosentino, 35 anni, entra sul palco dell’Ariston dalla porta principale e dal 2 marzo è uno dei 26 Campioni in gara. Cos’è accaduto in questi due lustri? «I tre giorni successivi alla bocciatura del 2011 li passai chiuso in casa, un amico mi portava gli M&M’s per consolarmi. Poi è accaduto di tutto». Di tutto - a parte le due lauree già nel cassetto – è tanta gavetta e un viaggio in Australia per vivere, cantare, suonare. Racconta: «Uno spaccato di vita fondamentale, ha aperto mille porte nella mia testa quel mondo così lontano da noi. Non ho fatto mica il turista, ho un solo scatto fotografico con la tavola da surf, ero negato. Ho anche noleggiato un van e girato la Nuova Zelanda, con una cartina e non con Google Maps. Ho fatto un concerto in una galleria d’arte aborigena: cover di Battisti e Ramazzotti, lì li amano moltissimo».

Al festival arriva con «Ora» che in dialetto calabrese definirebbe «strunza (nel senso di forte, ndr.) e di cori»: la consueta ronde consolatoria di uno che dopo una scuffia amorosa soffre e fa soffrire, quelle situazioni in cui anche il sesso è curativo e tossico insieme. «Ci sono passato, ovviamente, ma più che nostalgia per un amore perduto la mia la chiamerei malinconia. Io ballo sopra il dolore, non ci sprofondo, non sono un “sottone”. La cosa più giusta me l’ha detta un mio cugino al quale l’ho fatta ascoltare subito dopo averla composta, durante il primo lockdown: “Questa canzone ti è costata”. Verissimo».

L’ha vestita in maniera altrettanto autentica, un mix di pop e urban, una contaminazione come quelle che a lui piacciono tanto «e cantarla con l’orchestra è un privilegio incredibile, un’emozione intensa, quei 65 maestri sono il regalo più bello che il festival possa farti. L’altro giorno i professori, alla fine della prova, mi hanno fatto i complimenti. Sono stato ad un passo dal piangere».

Contaminazione è la parola chiave di Aiello: su un tappeto rhythm’n’blues scivolano cantautorato, clubbing, pop, i suoni dei Sud del mondo, dal flamenco ai ritmi caraibici e il reggaeton di «Vienimi a ballare», gran successo della scorsa estate. «Mi piacciono le mescolanze, scappo quando vogliono affibbiarmi un’etichetta, il concetto di diversità mi affascina, per uno nato in Calabria, terra di civiltà stratificate, dai greci agli arabi, ai bizantini, è naturale».

Tutto questo confluisce nella contemporaneità e dunque anche in «Meridionale», il secondo album dell’artista in uscita il 12 marzo, dieci tracce, compreso il brano sanremese.

Titolo non casuale, evidentemente: «Sono un orgoglioso calabrese che da 14 anni vive a Roma e ama alla follia Milano. Per me non esiste il dualismo Nord-Sud. Certo, il titolo è un omaggio alla mia terra, spigolosa, aspra, con tante ombre, dipinta quasi sempre in maniera negativa ma anche generosa e accogliente».

Pure in questo nuovo disco il tema ricorrente è l’amore, «storie nuove ed altre che non sono riuscito a cancellare, tutto senza filtro nonostante io abbia  le mie timidezze, le mie fragilità, i miei pudori: ma che posso farci?, quando scrivo viene tutto fuori con sincerità estrema, quando sono sul palco poi…». Ecco, sul palco, come tutti, vorrebbe tornarci al più presto e «già Sanremo, nonostante le costrizioni del Covid che ci costringeranno ad una vita da reclusi e toglieranno il pubblico, sarà una bella scarica di adrenalina. Ma il live è diverso. Del primo tour che avevamo organizzato ho fatto solo le due anteprime, c’erano diverse date, alcune anche sold out, ma il virus ha bloccato tutto».

Dal festival si aspetta soprattutto grande visibilità, dopo il “prego, ripassi” di dieci anni fa. «Non era obbligatorio andarci, non un passo dovuto. Ma quando Amadeus mi ha telefonato mi sono emozionato, è comunque la più grande vetrina di musica live che abbiamo in Italia e rispetto al 2011 non dico di sentirmi più sicuro, perché quello è un palco che fa comunque tremare le gambe, ma più maturo sì». Riguardo alla classifica, si pone con calma olimpica: «Tra l’essere troppo insicuri e il tirarsela troppo, la via di mezzo è non crearsi troppe aspettative. Poi, se arrivo ultimo e ho i concerti pieni, va bene così».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 19 Febbraio 2021, 17:21
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