La grinta di Zucchero: «Non se ne può più della pandemia. Chiuso in casa stavo invecchiando»

La grinta di Zucchero: «Non se ne può più della pandemia. Chiuso in casa stavo invecchiando»

di Rita Vecchio

«O adesso, o mai più». Eccolo Discover di Zucchero Sugar Fornaciari, l'album di cover fuori il 19 novembre, anticipato da Follow you follow me rilettura dei Genesis. Canta con Mahmood in Natural blues di Vera Hall, con Bono, con Elisa in Luce, brano scritto insieme vincitore di Sanremo 2001, c'è un cameo di Fabrizio De Andrè. «Un album di cover ci vuole nella carriera di un artista. Se non ci fossimo fermati, forse non l'avrei mai fatto».
 

Come è stato vivere la pandemia?
«All'inizio, traumatico. Stavo lavorando a un tour bellissimo. I primi due mesi sono andato in depressione. Poi ho iniziato a fare, forse anche troppo: dai concerti da solo in piazza San Marco a Venezia e al Colosseo a September con Sting. A casa sto bene, ma rimanerci troppo mi dà la sensazione di invecchiare prima. Ho anche doppiato, per la prima volta, Clay Calloway nel film d'animazione Sing 2: il leone rock 'n roll, burbero ma tenerone. Un po' come me (ride, ndr)».
 

Un disco in cui ha spogliato canzoni.
«Rivestendole a modo mio. Canzoni che avrei voluto scrivere io. Le ho interpretate e arrangiate, scegliendole tra 500 titoli. Dentro ci sono le mie due anime: l'amore per la musica afro americana di Old town road, Motherless child, High flyin' bird, e le mie radici della melodia italiana. Sempre con rispetto, non scomodando artisti o brani intoccabili».
 

Tipo?
«Immagine o Battisti. Whiter Shade of Pale dei Procol Harum, ad esempio, è una di quelle canzoni che mi emozionano solo nella versione originale. Forse perché è stata tra le prime che ho imparato a suonare con l'organo, alle elementari. Per Luce di Elisa, è la stessa cosa: la può cantare anche Adele, ma l'effetto sarebbe diverso. È stato più difficile scegliere i brani italiani».
 

Perché?
«Per paura del confronto forse. Io mi sono confrontato qui, con Michael Stipe o con Bono per Let your love be known, brano che parla di lotta ma volta al positivo. Abbiamo bisogno di positività. Non se ne può più di pandemia».
 

Che dice dei no vax?
«Ognuno fa quello che vuole. L'importante è uscire da questa situazione. L'unico modo per ora pare essere quello di vaccinarsi. Io mi sono vaccinato: per la musica questo ed altro».
 

E dei politici?
«Si sono trovati a gestire una cosa nuova e complessa. Ma è pur vero che la cultura popolare l'hanno quasi ignorata. Dei musicisti non gliene frega un c...».
 

Nell'album anche la voce di De Andrè.
«In Ho visto Nina volare. Un cameo. L'idea è stata di Dori Ghezzi. Quando arriva la sua voce, è effetto wow».
 

I Mäneskin sono stati applauditi ultimamente per la cover, Beggin'.
«Sono un fenomeno.

Potrei scrivere per loro. Il rock è annacquato dall'eccesso di politically correct e loro hanno riempito il vuoto con un rock irriverente. Sono trasgressivi, hanno un'alchimia che spacca. Un po' di Led Zeppelin, di Rolling Stones, di Jimmy Page. Devono sfruttare il momento e non fare come me: ai tempi di Senza una donna ho rinunciato al tour mondiale e al tributo a Ray Charles. Non stavo bene, avevo attacchi di panico. L'amore fa brutti scherzi (anche se da quel periodo nacque Miserere). Ma i treni passano, purtroppo».

Una sua canzone che oggi cambierebbe?
«Donne. La riscriverei così come è, ma senza il du-du-du (ride, ndr)»

La aspettano: 14 date all'Arena di Verona a maggio 2022, il concerto con Eric Clapton, e un tour europeo in location importanti. Un luogo dove non si è mai esibito?
«Preso da megalomania (ride, ndr), dico il Teatro alla Scala. Sarebbe un sogno».

 

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Novembre 2021, 13:45
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