Iva Zanicchi torna a Sanremo: «Il festival peggiore? Quando morì Luigi Tenco e vinsi io»

"Torno a Sanremo dove sono nata, ma sarà l'ultimo"

Iva Zanicchi torna a Sanremo: «Il festival peggiore? Quando morì Tenco»

di Totò Rizzo

«Torno dove sono nata», dice Iva Zanicchi parlando del suo prossimo Sanremo, l’undicesimo in gara, record per età (con le sue 81 primavere, proprio oggi, auguri!) e per trofei (unica donna con tre vittorie: 1967, 1969, 1974). Perché è qui che si sente nata artisticamente. Ce la portò Gianni Ravera, nel 1965, dopo un fortunato Castrocaro, allora porta d’accesso in Riviera.

Ma il primo Sanremo fu un disastro.

«Mi sbatterono fuori alla prima serata. E avevano ragione. Ero talmente terrorizzata che non avevo cantato ma belato. Tornata dietro le quinte, chiesi: ma ha suonato l’orchestra?, perché io non ho sentito nulla. La canzone era “I tuoi anni più belli”. Andò meglio l’anno dopo con “La notte dell’addio”, bellissima. A pensarci l’ho tenuta poco in repertorio».

Dei dieci fatti, il Sanremo più brutto.

«Quello della prima vittoria con “Non pensare a me” insieme con Claudio Villa, 1967, l’anno di Tenco. Credevo fermassero tutto, dopo il suicidio. Ero una ragazza di provincia: se in paese moriva qualcuno il giorno del santo patrono, la festa veniva rinviata. Invece niente. Mi ricordo quando annunciarono che eravamo primi dovettero trascinarmi quasi sul palco. Dicevo: ma come?, quel ragazzo non è nemmeno sepolto».

Il più bello?

«Due anni dopo, nel ’69, con Bobby Solo e “Zingara”. Quella vittoria sì che me la sono goduta».

 

Potrebbe ancora essere il prossimo, il più bello.

«Non so, me lo auguro. Quel che so di sicuro è che sarà l’ultimo, almeno in gara».

Perché l’ultimo?

«Perché poi basta, se il frutto è troppo maturo casca dall’albero».

Ma come, se nella sua canzone “Voglio amarti” rivendica il diritto di innamorarsi giorno dopo giorno anche alla sua età…

«Beh, cosa c’è di più bello e di più naturale? L’amore non conosce stagioni. Se si ha la buona sorte di avere accanto la persona giusta, cosa c’è di più straordinario di riuscire a piacersi reciprocamente ogni giorno?».

Beato “Pippi” (Fausto Pinna, il suo compagno, ndr.).

«Pippi è strafelice.

Se poi il destino ti mantiene in forze…quelle della mia età spesso o son già morte o hanno la dentiera, io per fortuna i denti li ho ancora tutti».

Questo inno alla vita sembra uno sberleffo all’annus horribilis del Covid che l’ha travolta.

«Con il dolore della morte di mio fratello Antonio sopra tutto. Era lui il vero artista della famiglia, suonava e cantava da Dio, dipingeva benissimo, gran donnaiolo. Il virus se l’è portato via senza che noi sorelle potessimo vegliarlo, vestirlo, mettergli un rosario nella bara. Come tante altre famiglie, d’altronde. Un dolore senza conforto».

Ha sentito Berlusconi sulla via del Quirinale?

«No, ma capitasse gli direi: Silvio, lascia perdere. Anche se so che ci metterebbe tutto, cuore e testa».

Ma come? L’uomo che l’ha portata in politica…

«Macché, Berlusconi era contrarissimo. Mi diceva “chi te lo fa fare?”. Ma siccome “testarda io” come dice anche il titolo di una mia canzone… A tentarmi è stato un sindaco brianzolo che veniva spesso in studio a vedere “Ok, il prezzo è giusto”. Un giorno mi fa: “Ma a te i testi chi li scrive?”. “Nessuno, vado a braccio, tutta farina del mio sacco”. E mi convinse che avrei potuto tentare la carta della politica. Nonostante l’abbia vissuta da eurodeputato, la politica è stata un grande errore. In Italia per un artista è un suicidio. Non te lo perdonano. Rientrare nel mondo dello spettacolo mi è costato una fatica enorme, tra pregiudizi e diffidenze».

Beh, però un ricordo bello ci sarà.

«Proprio in questi giorni, un ricordo bello anche se doloroso è stato quello di David Sassoli. Era nella commissione di cui ero vicepresidente, quella per lo Sviluppo. Un gran signore, bello, intelligente, colto. Mi piaceva per il suo rigore. Che ogni tanto io cercavo di smontare. Quando era assente la presidente, e guidavo io i lavori, gli dicevo: “Ehi, Sassoli, guarda che oggi sono la tua capa”. E lui mi guardava divertito, beffardo, con quegli occhi che non scorderò più».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 19 Gennaio 2022, 15:26
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