Stevie Wonder, 70 anni del soulman delle meraviglie

Stevie Wonder, 70 anni del soulman delle meraviglie

di Claudio Fabretti
Il soulman delle meraviglie compie 70 anni. Era infatti il 13 maggio 1950, in quel di Saginaw, Michigan (Stati Uniti), quando veniva alla luce il piccolo Stevland Hardaway Morris, non vedente dalla nascita ma destinato al mito con il nome, quantomai appropriato, di Stevie Wonder. Perché la carriera di questo ex-ragazzino prodigio è tutta una successione di meraviglie. Fin dal primo contratto, firmato a soli 11 anni con la Motown, l’etichetta-icona della black music. 
E non è un caso. La missione della scuderia di Detroit - per ammissione del suo boss Berry Gordy - era proprio «togliere i ragazzi neri dalle strade, facendoli entrare da una porta come sconosciuti e uscire dall’altra come star». E soprattutto: produrre black music fatta e controllata dai neri, ma destinata anche ai bianchi. Musica mainstream, melodica e accattivante, fondata sui sacri dogmi del ritornello e del groove. E non c’è dubbio che, assieme a Diana Ross e Michael Jackson, Wonder sia stato uno dei massimi interpreti di questa rivoluzione. In primis per il suo talento compositivo - un riuscito miscuglio di istintività soul-funk-r’n’b e scrittura pop, con un uso sempre calibrato dell’elettronica - ma anche per le doti vocali, per le eclettiche virtù di multi-strumentista (suona indifferentemente piano, chitarra, basso, batteria, percussioni e armonica a bocca) e per il carisma da profeta della pace e dei diritti dei neri americani.
La matrice soul, in lui, è sempre stata solo il punto di partenza da cui modellare nuovi ritmi e nuove folgoranti intuizioni melodiche. Un percorso culminato nei suoi capolavori su 33 giri degli anni 70 (Talking Book, Innervisions, Songs In The Key Of Life) ma che ha continuato sempre a sedurre il pubblico, dall’exploit della colonna sonora di The Woman in Red a tutte le performance e collaborazioni che hanno costellato la sua carriera (memorabile, ad esempio, quella con gli Eurythmics per There Must Be An Angel). Una parata trionfale da 25 Grammy e oltre 100 milioni di copie vendute, a partire dal primo singolo Fingertips, improvvisazione live di armonica che lo ha catapultato a 13 anni (più giovane artista di sempre) in vetta alle chart. Ripercorrere la sua ascesa vuol dire mettere le mani in un repertorio impressionante di canzoni entrate nella memoria collettiva: Superstition, For Once In My Life, Isn’t She Lovely, You Are The Sunshine Of My Life, Sir Duke, Master Blaster, I Just Called To Say I Love You, solo per citarne una minima parte. Il tutto senza mai perdere l’umiltà e la dolcezza che appartengono ai più grandi.
Proprio una meraviglia, di nome Stevie.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 13 Maggio 2020, 10:10
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