Caputo in concerto all'Auditorium Parco della Musica: «Un ritorno a casa a Roma per celebrare la mia musica in formato trio».

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di Claudio Fabretti

Sergio Caputo torna in concerto a Roma, la sua città, dopo alcuni anni di pausa, e lo fa in formazione di trio all’Auditorium Parco della Musica, Sala Petrassi, il 2 marzo. Un rientro molto voluto dal cantautore pop-jazz, che nonostante due anni di Covid disastrosi per la musica dal vivo, ha tentato sempre di restare in pista pur di mantenere i suoi impegni col pubblico in varie parti d’Italia.


L’Auditorium Parco della Musica è da molto tempo la casa romana di Sergio Caputo, luogo ideale di molti suoi concerti di successo, ed era naturale che il suo ritorno a Roma avvenisse lì. «Tornare in concerto a Roma - racconta - è sempre una grande emozione, oltre ad essere la mia città natale, ed essere il posto che ha tenuto a battesimo la mia carriera musicale, è anche il luogo dove sono nati i miei bimbi Lucrezia e Victor (mentre Ludwig, l'ultimogenito è nato in Francia dove viviamo). Portarli a Roma periodicamente è un impegno che non manco mai di mantenere, e li porterò anche stavolta all'Auditorium. Anche mia moglie Cristina - lombarda doc - si è innamorata di Roma al primo incontro e non può starne lontana per troppo tempo. Ma c'è di più - aggiunge Caputo - l'intero album "Un Sabato Italiano", quello che mi ha dato successo e popolarità da 40 anni, è nato e ambientato a Roma, e sempre a Roma ritrovo sempre un pubblico affettuoso e affezionato, che di volta in volta si arricchisce di nuove leve».



Il concerto sarà un viaggio nel tempo sulle ali della sua musica, insieme ai suoi compagni di avventura - Fabiola Torresi a basso e voce, e Alessandro Marzi a batteria, piano e voce - in un susseguirsi di svolte musicali spesso inattese. Il Sergio Caputo Trio è la formazione preferita del cantautore, in quanto c’è nel gruppo una coesione quasi telepatica, e oltre a essere un trio di musica è anche un trio vocale, oggi reduce dal recentissimo doppio sold-out al Blue Note Milano. «Non bisogna lasciarsi ingannare dall'apparente essenzialità di questo assetto - spiega - del resto dal pop al rock al jazz le formazioni di trio hanno fatto storia: il mio trio è una "Ferrari" (per usare terminologie romane!), e viaggia attraverso il mio repertorio come la macchina del tempo di "back to the future". E infatti il concerto dell'Auditorium sarà un viaggio attraverso la mia musica con svolte improvvise nell'ignoto: coi miei compagni di viaggio ci capiamo con uno sguardo, e passiamo da un mood a un altro in modo quasi telepatico.  Ma c'è un elemento in più: col mio mi diverto e mi emoziono come non può accadere con band più numerose, cose non scontate quando si fanno certi pezzi da quarant'anni.

Il concerto è sempre diverso, e se ci divertiamo noi sul palco, si diverte anche il pubblico».



Una curiosità degna di nota è che questo concerto è organizzato dal suo amico ventennale Antonio Pascuzzo – il cantautore avvocato (o avvocato cantautore) il quale fu pioniere-inventore del The Place, prestigioso club di Roma dove Caputo si esibiva nelle sue puntate romane quando ancora viveva in America. Un’occasione storica dunque, che vuole essere anche simbolicamente speciale e aprire il varco a una nuova primavera di musica. E alla inevitabile domanda sul perché, nonostante l'immutato amore, non viva più nella Capitale, il cantautore risponde così: «Sarebbe troppo facile dire "perchè c'è troppo casino" o "burocrazia inestricabile"...  E' una questione complicata, ma in breve: io sono uno di quei "romani di una volta" in fondo all'anima, la Roma che mi ha cresciuto, cui ero affezionato e che ho descritto in musica non c'è più; in questi ultimi decenni è molto cambiata e oggi non sarei capace di viverci una vita quotidiana, preferisco venirci da straniero, ad apprezzarne la bellezza più visibile e a respirarne l'aria con l'approccio di uno che viene da fuori. Molti dei posti che fanno parte della mia storia non ci sono più (uno per tutti, il Bar della Pace), quartieri popolari dove si trovava la Roma autentica sono diventati quartieri chic, i ristoranti e le trattorie che amavo sono spariti o sono irriconoscibili. Certo, sono cicli storici e fisiologici per le città, tutte le città, ma forse Roma stava bene com'era e bisognava solo proteggerla e conservarla com'era.  Io resto "romano dentro" ma so che nell'arco della mia vita non vedrò più la "mia" Roma ritrovare il suo fascino. Una debolezza: Villa Borghese è sempre una tappa obbligata e portarci i bambini una continuità generazionale».



Sulle aspettative per il futuro, invece, Caputo è più incerto: «In questo periodo è ancora piuttosto difficile portare la gente in teatro a vivere serenamente la normalità.  E devo dire che la politica non ha affatto aiutato il settore della musica, anzi lo ha penalizzato, un settore che pur dà lavoro a decine di migliaia - se non centinaia di migliaia di persone con le loro famiglie.  Ma bisogna guardare al futuro con fiducia, e i teatri - dove vengono applicate tutte le norme di sicurezza - sono fra i posti più sicuri dove andare rispetto, per esempio, alla metropolitana, ai treni e agli aerei.  Milano mi ha appena regalato un doppio sold-out al Blue Note, il tempio della musica jazz... spero che anche Roma voglia premiarmi con un bel sold-out all'Auditorium Parco Della Musica, Sala Petrassi. Penso di meritarmelo se non altro per la tenacia».


Ultimo aggiornamento: Domenica 27 Febbraio 2022, 16:01
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