Sergio Cammariere: «La mia svolta pop, poi un documentario su mio cugino, Rino Gaetano»

Sergio Cammariere: «La mia svolta pop, poi un documentario su mio cugino, Rino Gaetano»

di Marco Castoro
Torna Sergio Cammariere. E lo fa con “La fine di tutti i guai”, un disco che ha per titolo uno slogan, quasi fosse un inno. Una svolta. «Sì, direi di svolta un po’ si tratta - tiene a sottolineare il cantautore - perché senza tradire il jazz ho dato una sterzata verso il pop in questo mio decimo disco da cantautore in uscita oggi». Il disco si apre con il rhythm and blues di “Danzando nel vento”, mentre il classico sei ottavi alla Cammariere lo troviamo in “Ma stanotte dimmi dove stai”. Poi c’è “La fine di tutti i guai” dedicata all’amore universale come unico antidoto alle solitudini. I brani sono 11. «La fine di tutti i guai - spiega Cammariere - è quel momento che tutti vorremmo raggiungere, potrebbe sembrare un’utopia vivere una vita senza problemi, ma in questo disco racconto l’amore perché l’amore è quello stato mentale, quel sentimento che aiuta a dimenticare e che ti fa scoprire la bellezza».

Cammariere, che canta da 40 anni, ha presentato tre proposte di brani alla commissione sanremese (tra cui “Se Conosco il blues” assieme a Morgan) ma è stato respinto al mittente. Ovviamente le canzoni sono nel nuovo disco. Le altre due sono “La fine di tutti i guai” e “Il mio amico di sempre”. Forse non tutti sanno che Cammariere è il cugino di Rino Gaetano, anche se i due non si sono mai conosciuti. «È il mio rimpianto – spiega – il mio nonno paterno era il padre del mio papà e della mamma di Rino ma essendoci un caso di figlio fuori dalla prima famiglia non ci siamo frequentati. Ma sono affascinato da Rino e dai suoi cimeli, sto girando un docufilm e spero di trovare uno sponsor».

Chi c’è nel suo Pantheon? Facciamo il gioco up and down.
«Cominciamo dalla classica. Beethoven e Bach meglio di Mozart. Wagner su, Verdi giù. Per quanto riguarda il rock up Genesis e Pink Floyd, down i Kiss. Beatles o Rolling Stones? Come si fa a scegliere: dico pareggio».

Passiamo ai cantautori. Prima gli americani, poi gli italiani.
«Dylan numero 1. Springsteen giù dalla torre. Dei nostri il più grande è Gino Paoli, poi Guccini, De Gregori, Venditti».

Paoli meglio di Celentano? E Jovanotti dove lo mettiamo?
«Certo. Gino scrive, Adriano no. Jovanotti così e così».

Tra Vasco e Zucchero?
«Non c’è partita. Zucchero ha avuto la fortuna che le canzoni più belle gliele abbiano scritte Paoli e De Gregori».

Tra le donne vince Mina?
«Macché! Ornella Vanoni tutta la vita».

Duran Duran o Spandau Ballet?
«Nessuno dei due. Non li ho seguiti. Lavoravo. Così come non ho conosciuto i Police».

Tra i giovani c’è qualcuno che le piace?
«Sì, quel maledetto di Achille Lauro, degno di una vita spericolata. Anche Motta mi affascina. Ultimo? Che dire: uno che riempie gli stadi è un fenomeno».

L’ultima: meglio Sanremo o il premio Tenco?
«Il premio Tenco, ci sono stato 8 volte».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 9 Maggio 2019, 08:52
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