Sanremo 2021, Niccolò Agliardi e il Festival: il commento a tutte le canzoni

Niccolò Agliardi e Sanremo, il commento a tutte le canzoni del Festival 2021

di Niccolò Agliardi

Il cantautore e scrittore milanese Niccolò Agliardi, 46 anni, autore di tante canzoni di successo (l’ultima, “Io sì/ Seen”, cantata da Laura Pausini, è in corsa per l’Oscar e i Golden Globe), commenta per Il Messaggero i testi di Sanremo 2021, pubblicati ieri integralmente dal settimanale Sorrisi e canzoni Tv.

LA CRITICA
La premessa, semplice semplice, è necessaria: non esiste opera più incompleta di una canzone privata del suo “suono”. La melodia è ossigeno. È il Ponente che apre le vele e sposta la barca. È il sangue che conduce al cuore e in tutti gli altri posti dove si posa la canzone. È il terreno dove cadono le parole e mettono radici. Per questo una canzone non potrà mai penetrare nella poesia e nemmeno viceversa. La canzone è l’unione misteriose di due forze inscindibili. La musica e il testo. È quindi esercizio machiavellico analizzare e giudicare un testo senza poterlo ascoltare. Ma c’è di peggio: un autore di canzoni che avrebbe spesso voluto partecipare al Festivàl e non ci è riuscito a cui però viene concesso uno spazio per rosicare in libertà. Delle due sfortune non possiamo, al momento, evitarvene nemmeno una. 
 

LEGGERISSIMA
Ma tant’è. Si tratta pur sempre di canzonette, come disse Edoardo Bennato nel 1980. Anzi, di Musica leggerissima come annuncia il duo Colapesce/Di Martino che mette le mani avanti chiedendo «Metti un po’ di musica leggera perché ho voglia di niente. Anzi leggerissima. Parole senza mistero. Allegre ma non troppo». I patti sembrano chiari e infatti l’amicizia e le aspettative restano solide. Poteva essere l’anno della retorica Covid, ma ci ha pensato Amadeus - per primo - a fare da filtro agli ottimisti. Improvvisamente, allora, spunta un protagonista inedito. Il Supermercato. Oltre ai sopraccitati siciliani, ne parla anche l’ottimo Fulminacci che suggerisce all’amore da riconquistare di rincontrarsi per caso al reparto dei superalcolici. E lo stesso fa Bugo che, con una buona dose di dadaismo, esorta a perseguire i propri sogni (o solo il suo?) con il mantra: «Voglio immaginarmi che non ho sbagliato. E che il paradiso è il mio supermercato». 

LGBT
Fra i giovani di quest’anno c’è la cantautrice Madame, personaggio di riferimento per il pubblico LGBT, che già in passato ha affrontato il tema dell’espressione di genere con parole non proprio politicamente corrette; in questa occasione racconta di un amore più stilnovista: «Dirti mi sei mancata. In un bosco di me. C’è un rumore incessante e lo faccio da parte. Tu sei la mia voce». 

Malika Ayane

Malika Ayane sigilla il suo quinto Festival con una canzone che balla nel testo ed è firmata dal grande Pacifico. Avrei potuto storcere il naso per quel duello sfinente tra una penna preziosa e quelle maledette parole tronche che ti portano a stabilire che «ti piace sì, ti piace così. E ti piace com’è». Ma basta avere pazienza e arriva la frustata da fuoriclasse: «Non c’è intuizione senza scintilla. Perderti senza chiedere ti assomiglia. Non è spocchia ma necessità di sorprenderti, di decidere. Cosa prendere, quando smettere».
Consigliare prodotti allopatici o fitotrerapici è il grande cruccio del farmacista di Max Gazzè, quello sotto casa, quando è indeciso se consigliarci un prodotto da banco o se venderci l’ibuprofene senza ricetta.

Ma siamo dentro il ventre della madre di tutte le messe cantate e quindi vale tutto. L’alto e il basso, l’utile e il superfluo. Il sorriso e la riflessione. Gazzè è un alchimista e sa che la scienza esiste, ma pure la superstizione. Certo, il medico di De Andrè, «non per un Dio ma nemmeno per gioco», era ispirato anche dall’illusione di guarire il mondo. Il farmacista di Max cerca di guarire (solo) l’amore. C’è un testo che spicca per lucidità e potenza. Uno di quelli che nel match di braccio di ferro tra il volere dell’autore e la forza centrifuga della canzone fa vincere il primo. È quello di Willie Peyote. I riferimenti sono chiari. Politica, social, colleghi: nessuno è escluso. Nemmeno la lealtà di chi canta: «Mai dire mai. Non so se mi piego non so se mi spezzo. Mai dire mai. Dipende dal prezzo». Giusto. Dipende da quanto si è disposti a pagare, in termini artistici, per salire su quel palco ma soprattutto con quale faccia si è disposti a scendere. Non avendo di questi problemi, e scrivendo canzoni per mestiere e vanità, mi sono soffermato sui testi nei quali specchiandomi, mi trovo più bello. 

Max Gazzè

SALOTTO DC
Ma affinché non si dica che qui si fa comunella con gli amici, e che il salotto di casa mia sia un crocevia di democristianità, tocca mandare un saluto anche a quelli che nella parzialità di un’opera incompleta, appaiono loro stessi incompleti. Gaia, che intendi con: «Ora ci vedo chiaro. Ora ci vedo chiaro. Il mio cuore è amaro?». Al buon Renga: sicuro che non ci fossero altri modi per dire: «Le mie gioie. Inevitabilmente. Sempre, sempre. Le ritrovo tutte quante sempre. Solo quando trovo te?».

LE NUVOLE
L’Arnica di Gio Evan lenirà davvero quel «volo con la testa tra le nuvole. Ma vedessi il cuore quanto va più in alto?». E concludo: al fan sfegatato di Guccini, Irama, che ripete dieci volte «Colora l’anima. Con una lacrima» dedico un verso della canzone che lui stesso proporrà nella serata delle cover. «Io tocco i miei nemici col naso e con la spada. Ma in questa vita, oggi, non trovo più la strada. Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco. E al fin della licenza, io non perdono e tocco. Io non perdono, non perdono e tocco!» (Cyrano, F. Guccini).


Ultimo aggiornamento: Martedì 23 Febbraio 2021, 22:13
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