Michele Zarrillo fa 13: «A Sanremo con un inno a chi non si lascia piegare»

Michele Zarrillo fa 13: «A Sanremo con un inno a chi non si lascia piegare»
Michele Zarrillo ha fatto 13. Non al Totocalcio - anche perché di questi tempi il montepremi non è certo sostanzioso - ma a Sanremo. È infatti alla tredicesima partecipazione al Festival. Una volta, nel 1987, ha vinto tra le Nuove Proposte con il brano La notte dei pensieri. In altre occasioni ha ottenuto degli ottimi piazzamenti (4° con L'acrobata e 5° con Cinque giorni). Ma ogni volta che ha calcato il palcoscenico dell'Ariston l'ha fatto con una canzone che ha lasciato il segno (Una rosa blu o L'elefante e la farfalla, tanto per ricordarne alcune). Dal 4 febbraio sarà in gara con Nell'estasi o nel fango.
Zarrillo, di che cosa parla il suo brano?
«È la prima canzone in cui non mi occupo del dolore di coppia ma del malessere dell'uomo, in questa epoca che lo vede alla ricerca della serenità. Malessere dovuto a qualcosina che non quadra perché non è vero che il mondo è bello perché vario, ma se ci somigliassimo tutti di più ci sarebbero meno malvagità».
Ma a quali malesseri si riferisce?
«Finanziario, rapporti umanitari. Cerco di raccontare la voglia di un cambiamento, della voglia di dire: sto in piedi e non mi faccio abbattere, lotterò per andare avanti».
Un inno alla forza di volontà?
«Sì, per difendere quello che si ha dentro. Ci si chiude in una stanza per trovare una dimensione nella realtà virtuale, ma non trovi umanità se la cerchi in uno smartphone. Siamo figli di un'epoca strana».
Colpa dei social?
«Mi farò tanti nemici ma ho voglia di dirlo: chi mostra le proprie ricchezze mi mette tristezza. Fino alla fine degli anni 80 si stava abbottonati per rispettare anche l'operaio che guadagnava 800 mila lire al mese. Adesso c'è l'ostentazione, la corsa a mettersi in mostra. Cosa folle. I migliori posti, alberghi di lusso. Ma chi se ne frega! Goditi la tua vacanza e basta. Lo racconto in poche righe nelle canzone, un pezzo molto difficile da cantare se non stai in palla, come mi ha detto anche Amadeus quando l'ha ascoltato. Una musica incalzante con una vocalità acrobatica, note alte, molti cambi in falsetto».
Mentre Una rosa blu e Cinque giorni le cantiamo tutti
«La mia fortuna è che la notizia non la faccio io ma le mie canzoni. Sento giovanissimi, ragazze in macchina che cantano Una rosa blu. Sono stupito di come una ventenne possa cantare una canzone di 26 anni fa. Una cosa meravigliosa che vorrei dedicare a quei critici di tendenza, intellettuali, radical chic che seguono solo De André o Paolo Conte. Se una canzone entra nell'animo popolare, c'è sempre un perché, le cose inutili sfumano da sole. Un quadro di Picasso non ti stanca, come una bella canzone non ti annoia quando l'ascolti».
C'è una canzone che avrebbe voluto cantare?
«E ti vengo a cercare di Battiato mi commuove ogni volta che l'ascolto. È struggente. Poi trovo Don Giovanni di Battisti e Panella un'opera d'arte. E che dire di Futura di Dalla?».

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Ultimo aggiornamento: Venerdì 10 Gennaio 2020, 16:57
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