Ron: cinquant'anni in musica con un doppio tour (e a settembre un album di inediti)

Ron: cinquant'anni in musica con un doppio tour (e a settembre un album di inediti)

di Ferruccio Gattuso

Qualche sera fa, il 15 luglio, si è esibito a milletrecento metri d’altitudine, tra i monti di Piano D’Erna nel lecchese «perché era una situazione assolutamente diversa, e avevo una voglia bestiale di farlo». Domani sera invece si prenderà Roma nel cartellone di “Estate al Maximo” sul grande palco in piazzale Gabriella Ferri, di fronte al Centro Commerciale Maximo. «Quando raggiungi i cinquant’anni di musica, il senso di tutto lo trovi nel metterti in gioco, nel provare cose come questa, nel cercare nuovi luoghi e situazioni». È proprio così: Ron festeggia – con il suo “Non abbiam bisogno di parole Live Tour” partito il 18 giugno da Fiesole – il mezzo secolo vissuto a metterci la voce, le parole, i sogni e nel trovare sempre una nuova “città per cantare”. Ma sempre e solo per l’amore della musica, non dei riflettori che, puntualmente, il cantautore originario di Garlasco (in provincia di Pavia) si lascia alle spalle quando torna Rosalino Cellamare.

C’è qualche luogo speciale dove prima o poi le piacerebbe portare la sua musica?
«Il mio sogno nel cassetto è quello dei musei: da tempo mi gira in testa l’idea di un bel live acustico in un museo. Quando suoni e canti da tanti anni gli stimoli li cerchi nelle interazioni con la gente e coi luoghi. Mi piacerebbe far risuonare le mie canzoni in mezzo all’arte circostante».
Questo tour ha un doppio vestito, a seconda delle tappe, con l’orchestra e in trio acustico: perché?
«Sempre per la vecchia storia degli stimoli. Con l’Ensemble Symphony Orchestra, con la quale sarò domani  a Roma, la dimensione è completamente diversa. La verità è che nelle situazioni mi ci butto».
Il repertorio viaggia all’interno dei sessantasette brani contenuto nell’antologia “Non abbiam bisogno di parole”: quando si guarda indietro cosa vede?
«Un sogno inseguito sin da quando avevo sei o sette anni d’età, il supporto dei miei genitori, che mi chiedevano una sola cosa per continuare a cantare: andare bene a scuola. Senza dimenticare la mia insegnante di canto a Garlasco, che credeva in me e mi iscriveva a un sacco di concorsi».
Appunto, i concorsi: i talent show di ieri?
«Non esattamente. Quei concorsi significavano gavetta. Una serata su un palco di provincia, al massimo una coppetta da portare a casa. Non c’erano i riflettori, il culto dell’immagine e la sovraesposizione del tutto e subito dei talent della tv. La gavetta ti dà umiltà».
Nel booklet dell’antologia “Non abbiam bisogno di parole” lei racconta aneddoti su alcune canzoni: ci dica quella è che nata nel modo più curioso.
«Ai tempi dell’album Le foglie e il vento, era il 1992, si fece l’ascolto definitivo in Warner: avevo lavorato sei mesi al disco, ci avevo messo grandi speranze. A fine ascolto un dirigente dell’etichetta mi disse che nella tracklist mancava un vero pezzo alla Ron. Ci rimasi malissimo. Tornato a casa, incazzato, mi misi al pianoforte e ne uscì Non abbiam bisogno di parole. A volte anche dei no ti fanno crescere, ti spingono a trovare energie che non pensavi di avere».
A settembre è atteso il suo nuovo disco, di cui ha già anticipato il brano “Più di quanto ti ho amato” scritto Bungaro, cesare Chiodo e Rakele.
«Mi piace l’idea di dare un antipasto al mio pubblico, difatti lo eseguo dal vivo. Ma del disco parlerò a tempo debito».
La sua carriera è costellata di grandi collaborazioni: con Dalla, Morandi, De Gregori, Pino Daniele, Fiorella Mannoia e tanti altri. Qual è il segreto di questi incontri?
«Entrare in sintonia sempre e solo partendo dalla musica. La musica e la capacità di farla sono un regalo grande, se ti concentri su quello tutto diventa facile».
Quando la musica si spegne, difatti, lei ama tornare a casa. Tanti artisti sono fuggiti dalla provincia mentre per lei Garlasco è una culla.
«Ho provato a vivere a Roma, ma alla fine fatico nelle grandi città.

Io resto un campagnolo, che ama il verde, la natura. Ho bisogno delle mie persone attorno, del mio mondo. A casa riesco a comporre, percepisco il mondo come reale».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 20 Luglio 2022, 07:50
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