Rolling Stones show a San Siro, 57mila fan in delirio. E Jagger omaggia Watts: «Ci manchi tanto»

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di Rita Vecchio

Il pugno di saluto tra Mick Jagger e Keith Richards a metà concerto riassume quel che di leggendario è rimasto dei Rolling Stones. «Che bello tornare qui a Milano», urla Mick Jagger in italiano che alla faccia del Covid è un animale da palcoscenico impazzito. «Questo è il nostro primo tour senza Charlie e ci manca tantissimo». L'omaggio alla batteria ribelle di Watts scomparso ad agosto scorso è già all'inizio del Sixty Tour che ieri sera ha fatto tappa a San Siro.

Sono rimasti loro, Mick Jagger e Keith Richards, della band originale sul palco del Marquee di Londra il 12 luglio del 1962. A San Siro era un tutto esaurito con 57mila spettatori. Tra torsi nudi, linguacce stampate su maglie e fasce, fari dei telefonini accesi e ola che da una curva all'altra hanno fatto il countdown al loro arrivo sul palco. Sono le 21:15 esatte quando la scenografia tinta di rosso e giallo si accende a giorno per accoglierli. Con loro la chitarra di Ronnie Wood. Colori vivacissimi, a tratti vintage, giacche e camicie, e il berretto giallo di Keith che indossa dall'inizio alla fine. «Cinquantacinque anni fa abbiamo fatto il primo concerto in Italia. Grazie per essere ancora qui con noi».

Lo stadio non sta mai fermo. E nemmeno Jagger che non fa altro che saltare e correre per tutto il tempo lungo i 55 metri di palco. E loro, eterni giovani nonostante l'età (78 anni) hanno piantato un'altra bandierina al Sixty Tour che - partito il 1° giugno scorso dallo Stadio Wanda Metropolitano di Madrid - staziona a Milano (unica tappa italiana, l'ultima volta era stata a Lucca nel 2017) con cui festeggiano il sessantesimo anniversario e la nuova versione della iconica lingua.

C'è la band. Il leggendario Chuck Leavell alle tastiere, Darryl Jones al basso, alla batteria Steve Jordan, alle tastiere di Matt Clifford, al sassofono Karl Denson, le voci di Bernard Fowler e Sasha Allen. Insieme alle canzoni che rotolano lungo le due ore di concerto.

Tre grandi schermi li inquadrano, mandano immagini iconiche e figurate. Lo start è alla loro maniera. Da Street Fighting Man, 19 Nervous Breakdown a Tumbling dice. Jagger intona Out of time, e incita il pubblico. «Milano siete famosi per il canto. Adesso tocca a voi!». E l'intero stadio in fibrillazione su You Can't Always Get What You Want. E poi, Dead flowers, Wild Horses, Living In A Ghost Town (scritta durante la pandemia), Honky Tonk Women: «Che bello essere qui, anche se è più caldo del quinto girone dell'Inferno». Tutto scorre fino ai due bis, “Gimme shelter” con le immagini della guerra che rimandano all’Ucraina con la stessa forza con cui era stata scritta nel 1969. Per chiudere con (I Can't Get No) Satisfaction, a stadio con le orecchie drogate di Rolling Stones.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 22 Giugno 2022, 12:33
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