Raf: «In 40 anni di musica ho portato nel pop ogni stile»

Il cantautore in tour nei teatri. Album di inediti in autunno. Nei progetti anche un docu-film. Nella vita di ogni giorno "sono stato, e sono, un marito e un padre presente"

Raf: «In 40 anni di musica ho portato nel pop ogni stile»

di Totò Rizzo

La mia casa, la chiama Raf. La sua casa è la musica, ovviamente. Ma è anche il titolo del tour che sta toccando i teatri di mezza Italia (domenica 14 sarà all’Auditorium Parco della Musica di Roma e lunedì 15 agli Arcimboldi di Milano), quello del nuovo album che esce ad inizio autunno preceduto da “80 voglia di te” (il singolo cantato live nello show, già sulle piattaforme streaming e dal 26 maggio in radio), della sua biografia per Mondadori nelle librerie.

Non si fa mancare niente, Raf. In verità mancherebbe un docu-film.

«Era proprio un docu-film quello che volevamo fare. Io che mi racconto attraverso le immagini, anche con tratti ironici. Poi c’è stata la pandemia e piano piano la sceneggiatura ha preso quasi la forma di un romanzo, con venature di maggiore tenerezza. L’ho scritto con Cosimo Damiano Damato che, oltre ad essere quel geniale teatrante che è, è pure mio compaesano, anche lui pugliese di Santa Margherita di Savoia. L’idea del docu-film, comunque, è ancora in piedi».

Parliamo del tour.

«Sto realizzando, sera dopo sera, che sentivamo reciprocamente l’assenza del contatto fisico, io e i miei fans».

Zoccolo duro e facce nuove?

«Di facce nuove ne vedo pure. Tanti ragazzi vengono in camerino per un selfie. Ma la maggioranza sono i fedelissimi, 50 anni circa. Insomma, sono il più vecchio di tutti, anche dello zoccolo duro».

Il nuovo singolo è “80 voglia di te”: 80, un numero magico, gli anni da cui tutto partì.

«È un’assonanza di numeri, suoni, tempo. È lo stile della canzone che si rifà alla musica di quel decennio, tra disco e dance. È il riferimento a quel momento in cui è cambiata la mia vita: ero un ragazzo che suonava punk-rock e mi ritrovo catapultato in una popolarità inaspettata. Ma oltre alla mia, è cambiata anche la vita di tanti altri».

Un decennio epocale.

«Sì, di grandi mutamenti: geopolitici, di costume, tecnologici. In quegli anni tutti sognavamo un mondo diverso: stava per cadere il Muro di Berlino, l’economia marciava, c’erano i primi segnali di attenzione ai problemi dell’ambiente. C’era un clima di positività diffusa anche se molti la bollavano come edonismo, in senso dispregiativo. E invece si scopriva, dopo la pesantezza degli anni ‘70, quanto fosse importante dare valore anche alla leggerezza. Non è un caso che, ancora oggi, quegli anni facciano tendenza».

Lei ha attraversato artisticamente quattro decenni come se avesse vissuto tante vite diverse. Dalla dance di “Self control” al ritmo tribale del “Battito animale”, dal techno-pop di “Ti pretendo” al brit di “Cosa resterà di questi anni ’80”, al pop tout court di “Gente di mare”. Un eterno curioso.

«Se un minimo comun denominatore c’è, nella musica che ho fatto, è d’aver portato tanti stili dentro il pop. Non ho mai amato seguire i cliché, non mi sono mai adagiato nella comfort zone che ti garantisce il consenso. Tra i miei album ce n’è uno, “La prova” in cui facevo rock. Attenzione, non il rock all’italiana, con rispetto parlando, di Vasco o di Ligabue, ma un rock bello tosto».

Dal nuovo album che ci dobbiamo aspettare?

«Una forte componente ritmica e una bella fisionomia funky».

Dove va la musica oggi? Cosa ha cambiato, a parte l’ascolto, il web?

«Una rivoluzione.

Ma ho l’impressione che ci sia un’eccessiva sovrapposizione, più quantità a discapito della qualità. È tutto frammentato, è più difficile catturare l’attenzione della gente, molte produzioni sono uno specchietto per le allodole. Ma all’interno di tutto questo qualcosa di buono si trova».

Qualche giovane che le piace?

«Madame e Blanco, ho molto apprezzato Lazza a Sanremo. Tra i non più giovanissimi, Marracash e mi è molto piaciuto l’ultimo disco di Guè».  

I talent?

«Sono un fenomeno più televisivo che musicale. Anche lì: nel numero qualcuno c’è, è emerso: ma sono convinto che Mengoni e i Måneskin, per esempio, ce l’avrebbero fatta lo stesso».

Ha citato Sanremo: lei ne ha fatti 4 da interprete e vinto uno da autore (“Si può dare di più”, ndr.). Ci tornerebbe?

«In un festival che ha per obiettivo la musica sì. Sanremo aveva preso una brutta piega, aveva seguito troppo i talent e il loro meccanismo, fuori questo, eliminato quell’altro, ripescato quell’altro lì. Poi è arrivato Baglioni e da musicista ha fatto due festival molto musicali, fuori dagli schemi tv, senza che l’intrattenimento strabordasse. Anche Amadeus ha fatto degli ottimi festival ma l’ultimo mi è sembrato ammiccare troppo ai social».

Il signor Raffaele Riefoli, eterno ragazzo 63enne, marito de «la più bella del mondo» (Gabriella Labate, ndr.) e padre di Bianca e di Samuele, ormai adulti, chi è nel privato, nel quotidiano?

«Visto che li ha citati, le dirò che è stato, ed è, un marito e un papà abbastanza presente. Non ho mai mancato una recita scolastica dei miei figli e per farlo ho rinunciato senza rimpianti anche a tournée all’estero. Bianca ora è una media-manager ma i suoi interessi hanno spaziato dalla fotografia al cinema. Anzi, è stata anche regista di un mio video quasi a costo zero. Nel senso che, visto che si trattava del quarto singolo di un album e che il budget era quasi finito, mi ha detto: “Tranquillo, papà, lo giro io, anche se i soldi sono pochi”. Ci ha pure vinto un premio. Samuele per adesso fa scuola di cinema ma continua la sua ricerca musicale».

Una coppia d’acciaio quella con Gabriella, quasi trent’anni insieme. C’è una ricetta?

«Intanto la fortuna d’incontrarsi, poi quella di scegliersi ogni giorno, una frase che può sembrare un luogo comune ma che va messo alla prova dei piccoli fatti quotidiani. È anche la tenacia nel sopportarsi, beninteso. Ancora oggi non oso pensare cosa sarei senza Gabriella, sarei certamente un uomo imbranato».

“Oggi un Dio non ho” cantava ieri in una sua canzone. Oggi?

«Ma quella canzone non rinnegava mica niente. Era il travaglio di una ricerca spirituale che dev’essere costante, continua, per portarti a uno stato alto della tua coscienza, della consapevolezza di te. E anche se sono credente, penso che Dio vada comunque cercato ogni giorno, fuori e dentro di noi».  


Ultimo aggiornamento: Sabato 20 Maggio 2023, 17:59
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