Pacifico torna con Bastasse il cielo: «Il mio nuovo disco è un giro del mondo»

Pacifico torna con Bastasse il cielo: «Il mio nuovo disco è un giro del mondo»

di Rita Vecchio
Non è un artista da luoghi comuni. Per Pacifico conta la musica. Quella che parte dalla melodia. Quella che usa strumenti tra i più vari, che dialoga e che non conosce barriere. Quella di Bastasse il cielo. Anticipato dai brani Sarà come abbracciarsi e Semplicemente, è il sesto album di Pacifico (all'anagrafe Gino de Crescenzo, 55 anni compiuti ieri). Uno che ha scritto tanto per altri come Bocelli, Celentano, Nannini, Zucchero, Venditti, Ayane, solo per citarne alcuni.

Dieci tracce piene zeppe di musica. Com'è tornare a scrivere per se stessi?
«Sono affascinato. Un disco che è partito dal diciannovesimo arrondissement di Parigi, dove vivo da anni con compagna e figlio, e che ha attraversato India, Turchia, Italia, che ha girato il mondo, tra un fuso orario e un altro, tra un Cloud e un tasto Invio di un pc. Prodotto da Alberto Fabris, collaboratore storico di Ludovico Einaudi, nelle dieci tracce si trovano musicisti straordinari come Michael Leonhart, Mike Maineri, Alan Clark, Amedeo e Simone Pace, Cochemea Gastelum».

Un disco che sembra variegato.
«Vivere a Parigi, città che non significa solo Charlie Hebdo, mi ha aiutato. È un crogiolo di etnie e colori. Non è un caso che nei miei videoclip si incontrino personaggi popolari di varie culture».

Lei non ama le parole bellezza e amore. E invece la sua musica pare esserne piena.
«Mi ribello al frasario comune. Ho solo paura di svuotarne il significato. Questo disco è attenzione alle fragilità. Non ho in dotazione un binocolo per guardare tanto avanti. Ho, invece, un telescopio che mette a fuoco le fragilità di ora».

Ma ha un binocolo per osservare l'Italia. Come la vede da fuori?
«Al centro di uno scontro tra immigrazione e la difesa di un codice identitario. C'è timore. A Parigi c'è un insieme di contraddizioni che significano apertura in tutti i campi, compresa la musica. Mi piacerebbe vedere più musica italiana all'estero, mancano sempre di più artisti internazionali come Pausini o Ramazzotti».

Cosa pensa della polemica sulla vittoria di Mahmood?
«Sono figlio di napoletani emigrati nell'hinterland milanese. Ricordo come negli anni 60 c'era diffidenza verso chi veniva dal Sud. Se vince Sanremo un italiano di madre sarda e di padre straniero, è segno di cambiamento».

Nonostante Salvini?
«La musica non ha bisogno di porti. Capisco il timore di Salvini, ma tradizionalmente la musica passa per aria e di bocca in bocca. E tutto questo sfugge alla politica».

Come sarà il tour?
«Totalmente fuori controllo e pieno di strumenti. Partirà l'8 marzo, stessa data di uscita del disco, E sarò a Milano il 5 aprile e il 18 maggio a Roma».

riproduzione riservata ®
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 6 Marzo 2019, 09:26
© RIPRODUZIONE RISERVATA