Orietta Berti, una canzone sulla violenza contro le donne: «Non trovate giustificazioni ai vostri compagni, quello non è amore»

E nel disco successivo il tema dell'omosessualità con una madre che spinge il figlio a fare coming out. "Fazio o Signorini? Con l'Alta Velocità Milano o Roma sono equidistanti da casa"

Orietta Berti, una canzone sulla violenza contro le donne: «Non trovate giustificazioni ai vostri compagni, quello non è amore»

di Totò Rizzo

È passato mezzo secolo, la balera di “Tipitipitì” ha chiuso i battenti da un pezzo e Orietta lo sa bene: altro che i tempi di un ingannevole “permette un ballo?”... Sono tempi più brutti, questi. E così la Berti scende in campo e se l’inganno oltrepassa i limiti avverte: non state più a chiedervi se uno schiaffo, le urla, le botte si possano chiamare ancora amore. Non ci sono sentimento né ragione che tengano. “Il coraggio di chiamarlo amore” si intitola il nuovo singolo appena uscito, contenuto multi-album “La mia vita è un film”. Una canzone – sull’onda della tradizione più classica, con un forte senso musicale drammatico – sulla violenza contro le donne: fisica, psicologica, sociale.

Orietta, un tema forte. Chi le ha proposto la canzone e cosa ha pensato quando le è arrivata?

«Me l’hanno portata gli autori, i musicisti Enzo e Tano Campagnoli e Mario Guida che ha scritto le parole. L’ho subito trovata bellissima. Certo, un tema che non avevo mai affrontato in 57 anni di carriera anche se, purtroppo, è sempre stato attuale, ancor prima dell’emergenza dei femminicidi. Cosa ho pensato? Mi sono detta: la incido, magari la mia sarà una voce fra tante ma meglio che starsene zitti».

È un invito alle donne a prendere coscienza, a non nascondere la realtà, a non cercare giustificazioni.

«Il titolo infatti, “Il coraggio di chiamarlo amore” è emblematico. Non ci possono essere tentennamenti. E non si tratta solo di violenza fisica, c’è una violenza psicologica che è altrettanto pericolosa, c’è una violenza sociale che è costruita su pregiudizi, luoghi comuni, una cultura di vecchia tradizione che assolve sempre i maschi, altrimenti non staremmo ancora qui ad ascoltare frasi come la tristemente famosa “forse se l’è cercata”».

Lo schiaffo va subito denunciato?

«In un rapporto alla pari ci dev’essere rispetto reciproco: e il rispetto non ammette le bugie, anche piccole, le reticenze, certi silenzi, i condizionamenti quotidiani che sono ombre che piano piano si infittiscono e ti portano nel buio. Se un rapporto è imbastito sulla chiarezza, lo schiaffo non è nemmeno un pensiero lontano».

Quanto conta l’educazione familiare?

«Parecchio. Con i figli si dev’essere esempio di rispetto, di ascolto e di aiuto. Però anche la scuola dovrebbe fare il suo: l’amicizia, la solidarietà, l’amore dovrebbero essere insegnati anche lì, nei confronti prima di tutto del compagno o della compagna di banco.

Educazione al sentimento, si dovrebbe chiamare. E i ragazzini forse imparerebbero a conoscersi tornando a parlare e non solo chattando coi messaggini sui cellulari».

Ha pensato che con questa canzone avrebbe potuto spiazzare il suo pubblico tradizionale?

«Io da tempo non ho più un pubblico tradizionale. Spesso ai miei concerti l’età media degli spettatori è 40 anni. Prima c’erano le mamme che si facevano accompagnare dai ragazzi, oggi sono i ragazzi che accompagnano le mamme e a volte anche le nonne».

Osvaldo è suo marito da 56 anni ed è stato il suo unico uomo. È stato anche per decenni il suo pstretto collaboratore. Casa e lavoro: c’è mai stata una volta in cui le ha detto “ho ragione io e basta”?

«Sul lavoro così come in famiglia il successo di un’impresa, di un progetto è il risultato di un equilibrio complesso, vi concorrono tante persone. Non c’è mai nessuno che abbia ragione assoluta, per principio, né a casa né fuori».

Tema forte anche nel prossimo singolo, “Diverso”: una madre sprona il figlio a fare coming out.

«I miei più cari amici e i miei collaboratori più fidati sono omosessuali. Da sempre, da quando ho cominciato a fare questo mestiere, 57 anni fa. Anche in questo campo, purtroppo, è cambiato poco, a parte certe battaglie e certe conquiste, i pregiudizi sono duri a morire».

Tra bandiere rosse e acquasantiere. Il titolo della sua autobiografia è un modo subdolo per chiederle se tifa Schlein o Meloni.

«La politica non è una faccenda di tifoseria, è una questione di fiducia. Io stimo quei politici che rispettano gli impegni presi in campagna elettorale, che mantengono le promesse. In questo caso, trattandosi di due donne, l’aspettativa è maggiore: le donne sono più serie degli uomini».

Si fa questo nuovo tormentone estivo con Rovazzi?

«No comment. Parleranno altri per me».

A settembre veleggerà verso Milano o verso Roma? Anche questa domanda è subdola: insomma, torna da Fazio o si accomoda di nuovo sulla poltrona di opinionista per Signorini?

«Sa, con l’Alta Velocità le distanze ormai sono quasi azzerate. Posso fare tranquillamente la spola tra Roma o Milano, da casa mia, a Montecchio, comodamente».


Ultimo aggiornamento: Sabato 20 Maggio 2023, 17:59
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